giovedì 13 novembre 2008

Pirenei 1984

Agosto 1984




SUI PIRENEI PER SENTIRSI PROTAGONISTI










Peripezie e pensieri di tre fiorentini in un piovoso raid sui leggendari colli del Tour de France.

Ciao bicicletta,

Dopo due anni di ferie trascorso sotto quello squallido ombrellone ( il num. 300 di un’ interminabile fila) a contare le onde del mare, ritorneremo insieme. Sì, l’idea di Zanoboni di affrontare i Pirenei sta per avverarsi. Quest’anno scaleremo i più famosi colli del Tour de France, supereremo addirittura l’ altitudine della Bonnette; ci attendono il Pic de Bigorre alt. 2872, gli stupendi panorami del Troumouse e di Gavarni nel parco dei Pirenei, le meraviglie dei grandi spazi, i silenzi delle discese, il gran caldo, la fatica, il sudore che bagnerà anche te, la gioia di arrivare sulle vette per vedere il cartello con l’ altitudine del passo, le foto ricordo... Ci sentiremo ancora una volta protagonisti, sì perchè nello spirito che ci spinge a queste avventure, oltre alla passione per il pedalare, al gusto fobico per la fatica, al fattore ecologico unito ad un desiderio di evasione e solitudine c’è anche una buona dose di ingenua megalomania: il desiderio di sentirsi protagonisti, il gusto dell’ impresa. In effetti per noi cicloturisti della domenica arrivare a superare tali altitudini è veramente un’ impresa !
I protagonisti
Zanoboni Vittorio, soc. Alfa Cure Firenze, professione cicloamatore, gestisce ad avanzatempo nota trattoria fiorentina reduce dal Giro di Sardegna, Giro d’ Europa, Giro di Sicilia, Giro della Toscana etc. etc.
Pucci Giuliano Soc. Due Strade Firenze, fra un pasto e l’ altro trova il tempo di trasformare il legno in artistiche cornici, reduce da una serie di cene sociali, da quelle di Società ciclistiche a quella dei cacciatori, pescatori, ecc. passando da una serie pranzi, dice lui, di lavoro riuscendo perfino a intrufolarsi travestito in gruppo di donne per una cena dell’otto marzo. Il suo peso è 110 Kg, io non ho mai capito come faccia a andare in bici.
Il sottoscritto Pelacani Giuliano, Soc. Due Strade , matricola 9998 , cella 77 di un istituto bancario, reduce dal Giro dei Quattro Ombrelloni.
La prima fatica: i 1350 Km. di viaggio in auto per arrivare e Bagneres de Bigorre nostra prima sede di tappa.
Lunedì -Prima Tappa -Aubisque e Solour
Alla partenza le condizioni del tempo si preannunciano tristissime: freddo e nebbia, dopo alcuni chilometri anche la pioggia. Che fare? La risposta ce la danno un gruppo di cicloturisti francesi che ci sorpassa. Al grido di - Viva l’ Italia- lo Zanoboni si incolla alla ruota dell’ ultimo del gruppo .Dopo pochi minuti, fradici, alziamo gli occhi e ci accorgiamo di essere già arrivati a Lourdes. Arriviamo ai piedi del col D’Aubisque dopo aver percorso quasi 100 Km di strada ondulata, troppi ! La stanchezza per il viaggio, la notte passata in bianco in quello squallido albergo pieno di marocchini ubriachi, un’ alimentazione sbagliata, costringono me ed il Pucci a fermarsi più di una volta.



Lo Zanoboni invece parte subito alla caccia di un belga che ci ha superato in pianura. La salita inizia in maniera dolce e invita a tirare un rapporto duro, ma gli ultimi chilometri sono i classici chilometri finali di quasi tutti i passi: senza respiro ! Si sale con una pendenza fissa del 14%, meno male che ho il 28, cerco di metterlo ma purtroppo sto pedalando già con quel rapporto. Adesso è smesso di piovere ma ora ecco che la nebbia si infittisce, il panorama dovrebbe essere bellissimo ma lo immaginiamo soltanto. Una foto sulla vetta e poi giù. La strada bagnata e senza guard-rail, i precipizi che la fiancheggiano, una crisi di fame, delle caprette ferme in mezzo alla strada dopo una curva,una galleria buia e piena di buche, fanno si che arrivo ai piedi del Solour dopo un’ ora, meno male che c’è da salire poco più di 2 km. Io ed il Pucci arriviamo a Bagneres de Bigorre alle ore 20,30:siamo cotti e ci buttiamo sul letto. Alle ore 23 Zanoboni ci sveglia, lui è già pronto per andare al night, noi lo mandiamo in coro a quel paese.
Martedì-Causa di forza maggiore :gita religiosa a Lourdes
Ore 7 -Il Pucci con la sua mole (110 Kg. a stomaco vuoto, altrimenti 120), riesce con un colpo proibito a fermare lo Zanoboni che vuol partire per il Tourmalet, malgrado un temporale che sta imperversando da più di un ora. Dopo la violenza subita Zanoboni acconsente ad andare a fare i turisti e visitare Lourdes.
Il fascino della piccola cittadina e i suoi motivi religiosi molto annacquati dal consumismo esistente, ci fanno passare la rabbia per la giornata inutilizzata ciclisticamente. Nella basilica principale improvvisamente uno strano rumore. Io ed il Pucci ci voltiamo e per terra proprio sulla gradinata di fronte all’altare vediamo cartoline, francobolli, un fazzoletto, carte geografiche, banconote da 100 Fr.Fr., una penna, un ombrello, un passaporto, un borsello, un paio di occhiali, un cappellino,.. e nel mezzo lo Zanoboni a gambe ritte. Sì, un gran scivolone su uno scalino bagnato! Lo sguardo di Zanoboni ci fa capire che il suo pensiero è più rivolto alla bicicletta che al dolore per il ginocchio che è già diventato gonfio come un cocomero.
È finita !
La sera dalla borsa con mille pomate che Zanoboni, da vero professionista, porta sempre con sè, esce uno stranissimo tubetto. Con questa crema-dice lui- sono stati rimessi a posto i più famosi ginocchi -Due ore di spalmate, poi a letto.
Mercoledì- Il Tourmalet e la delusione del Pic de Bigorre
Il ginocchio di Zanoboni sembra tornato normale, un piegamento di prova e poi in bicicletta, si parte per il Tourmalet, pioviggina tanto per cambiare. Un gruppo di turisti sulla porta dell’ hotel ci osserva come bestie rare, uno mormora qualcosa, immagino che cosa.--Chi non ha il fisico deve stare a casa --intona Zanoboni.
Sì, bisogna andare, oggi è la tappa più importante, non si può abdicare! La pioggia aumenta di intensità, è molto freddo e siamo solo a 700 metri di altitudine Si deve arrivare ai quasi 3000 metri del Pic de Bigorre e batteremo il nostro record, dopo lo Stelvio, l’Iseran e la Bonnette di due anni fa. Oggi ci siamo alimentati bene e malgrado il perdurare del freddo e della pioggia pedaliamo allla grande tutti e tre. La solita salita preliminare, poi la strada si restringe, sulla destra ecco la piccola mulattiera asfaltata, è la strada che porta al Tourmalet , da qui ci sono quasi 11 km. Ancora nebbia, dopo tre km di salita non si vede quasi più niente tre metri al massimo dalla ruota anteriore, si va avanti. Anche Zanoboni, lui che è sempre immune da sensazioni di freddo e caldo, sembra risentire della temperatura avversa. Il panorama? anche quello del Tourmalet lo vedremo solo in cartolina. Che fare? Mancano ancora 7 Km. e poi ci sono quei 5,5 Km. che da quota 2114 portano con pendenze paurose ai 2872 del Pic. Procediamo tutti e tre insieme senza dire una parola, chissà cosa stanno pensando i miei compagni ? Se fossi stato solo sicuramente sarei tornato indietro, forse anche gli altri. Sto pedalando bene ma ho il 28, mancano ancora 6 Km. La respirazione si è assestata, abbiamo superato la fase critica. Lo Zanoboni, ritto sui pedali, tira un rapporto impossibile, il 23, il Pucci,malgrado la sua mole, sale compostissimo con il 26. Mancano ancora 4 km, siamo sui tornanti finali. Il panorama dovrebbe essere bellissimo, nella nebbia si sentono i campanacci delle mucche al pascolo, beate loro che non sentono il freddo! Ogni tanto un respirone più profondo e l’ aria rarefatta fa emettere un alone di fumo, e dire che si doveva morire dal caldo! 3 km. ormai bisogna stringere i denti, ora si fa sentire anche la fame, siamo vicini a quota 2000. Il mio fisico è al limite, sono in riserva, guardo le facce dei miei compagni e capisco che anche loro stanno soffrendo come me, ancora 2 Km. I miei pensieri adesso non sono più rivolti né a Saronni né Moser ma ai vari Messner, Fogar, Mayol e a quei 5,5 Km. finali. Non ho più forza ma no, non si può rinunciare al Pic, abbiamo fatto più di 1300 km di auto per salire lassù, maledetto Pic de Bigorre! Solo un Km alla vetta del Tourmalet, sto per scendere ma le scritte di incoraggiamento con i nomi dei ciclisti del Tour mi dicono che mancano solo pochi tornanti. Ora non si vede proprio niente, abbiamo le facce strafigurite e lo sguardo spento, il freddo è micidiale, ancora uno strappo, sì l’ultimo tornante, evviva lì c’è il rifugio, siamo sul Tourmalet. Ci guardiamo negli occhi, poi cerchiamo con lo sguardo l’ imbocco della piccola stradella che porta all’ osservatorio del Pic, una sbarra ci indica che la strada è percorribile a pagamento, senza dire niente entriamo nel bar del rifugio. Quattro crostate spariscono del banco in 5 minuti ,3 00 Fr.Fr. più 10 Fr. per la toilette. Un --- Che Ladri !--- esce giustamente dalla bocca sbavata di Zanoboni.

Tutti ci sconsigliano di proseguire per l’ ambita vetta, la strada è sconnessa e non tutta asfaltata, senza guard-rail e poi con quella nebbia.. Anche lo Zanoboni decide per il no. Il tentativo è fallito, la rabbia è tanta, un click scattato con delusione di fronte al cartello del Tourmalet e poi via ... addio Pic du Midi de Bigorre, l’ osservatorio che domina il passo ed il lago sottostante li vediamo solo in cartolina. Abbiamo fallito l’ impresa ma abbiamo sempre scalato il Tourmalet in una giornata micidiale .. e poi anche Fogar..

Giovedì: Le Col D’ Envalira
Viste le condizioni del tempo decidiamo di lasciare Bagneres de Bigorre e annullare la tappa dell’Aspin e Pyresourde e del Parco dei Pinerei.Ci trasferiamo a Ax Les Thermes per affrontare Le Port d’ Envalira alt. m 2407, passo più alto dei Pirenei. Ci aspettano entrambi i versanti con una capatina ad Andorra.
Finalmente il sole, un pò di bagarre in allegria, un saluto a dei fiorentini su un pulman, il passaggio dalla frontiera e poi giù la discesa verso Andorra. Purtroppo non avevamo considerato che tale passo, necessario per accedere al piccolo stato meta di gite-shops è molto transitato, sembra quasi di essere su un’ autostrada.
Dopo aver fatto i turisti per le strade caos di Andorra ci aspettano ancora 21 km di salita per rivalicare il passo e poi di nuovo la discesa per Ax. Da tale versante i primi chilometri sono abbastanza duri per degli strappi secchi e repentini, poi la salita ritorna regolare.. ma che succede? Il cielo si sta rabbuiando, nel giro di pochi minuti si passa dal sole alla pioggia, mancano ancora 18 km alla vetta e poi ci sono altri 21 chilometri di discesa. Io e il Pucci vediamo sparire lo Zanoboni nella nebbia che è calata. Procediamo piano e senza faticare molto, la pendenza è dolce ma la pioggia aumenta di intensità. Io imbacuccato in un impermeabile trasparente che mi arriva fino alle ginocchia, il Pucci dentro un miniimpermeabile che gli arriva a metà schiena. Com’è lontana quella vetta e quelle nubi sempre più nere! Adesso sta diluviando, ad ogni tornante i rigoli d’ acqua s’ ingrossano sempre di più, le auto impietose ci sorpassano senza riguardo e senza decelerare. La visione delle gambe fradice e dei calzini calati e neri, il rumore dei tubolari sull’ acqua, cose che di solito mi danno carica oggi mi rattristano. I miei pensieri non sono più rivolti né a Fogar né a Messner, con il corpo salgo il Port d’ Envalira ma con la mente sono a Firenze che purtroppo sento terribilmente lontana: a quest’ora mio figlio sarà a giocare con il Lego, il desiderio di essere con lui è immenso. Mancano ancora 10 km alla vetta .-Forza Giuliano !- mormora il Pucci, non so se è un incitamento rivolto a me o a se stesso, forse a tutti e due. I bambini curiosi, sui sedili posteriori delle auto, spannano i vetri per vederci meglio, da un camion ci urlano qualccosa, mi sto sentendo ridicolo. Ancora 6 km. Le luci posteriori delle auto scompaiono in un alone che è un misto di nebbia e gas di scarico. Che disgrazia, siamo saliti due volte a 2400 metri per respirare solo benzina! Sto già pensando ai pericoli della discesa, mi sto sentendo vecchio, forse questo è l’ ultimo raid. Si, sono sugli ultimi tornanti, le auto stanno cambiando marcia, i motori respirano, un odore acre mi fa capire che proviene dalla stazione di benzina del passo, sto per valicare l’Envalira ma forse si sta chiudendo un ciclo..Lo Zanoboni ci chiede se ci è successo qualcosa, poi con un braccio alzato e rivolto verso uno spicchio di cielo da cui sbuca un malinconico sole - Quest’anno siamo stati sconfitti, ritorneremo, faremo il Gavarni, il Pic de Bigorre, l’Aspen e torneremo a Firenze vincitori!- poi un salto sulla bici come fosse un cavallo e giù, serpeggiando fra la fila di auto, scompare cantando fra la nebbia e la pioggia. Scendere fino all’hotel è veramente un dramma, la coda di auto si ingigantisce, la strada è un fiume, macchie di olio ci obbligano a fare gli equilibristi. Un camper targato Firenze, un saluto al quale non rispondo, come vorrei indossare una maglia anonima.
Venerdì : Il mitico Mont Ventoux
Solo il fascino del Mont Ventoux e l’idea che quella è l’ultima tappa mi permette di affrontare il trasferimento in Francia a Carpentras con una certa tranquillità. Però ho deciso: -io salgo in bicicletta soltanto con il sole- .
Ore 7 :nubi minacciose su Carpentras. Lo sguardo altrettanto minaccioso di Zanoboni mi fa capire che non è il caso di restare a letto.
Ci fermiamo a Bedouin per una colazione, rimango quasi subito solo perchè appena lo Zanoboni si accorge che sta transitando un gruppo di ciclisti francesi, con uno scatto repentino si getta sulla bici e si incolla all’ ultimo tubolare del gruppo, lo segue, con un croissant in bocca a mo’ di trombetta, il Pucci.
Il Mont Ventoux è una gran salita. Dopo tre km di falsopiano si attacca il pezzo del bosco, sono 13 km con una pendenza media dell’ 11% , poi un lieve recupero e infine gli ultimi 6 km nella famosa pietraia che sotto il sole deve essere veramente un forno.


La temperatura fresca questa volta ci è amica.
Trovo la forza di bagarrare con due tedeschi ,poi la composta lapide alla memoria di Tony Simpson. L’ osservatorio è ormai vicino, accellero, stacco i due tedeschi, sì, sono sul Ventoux alt. 1912 ma non mi esalto.

Che cosa sta facendo lo Zanoboni ? Si sta riempiendo la tasca posteriore della maglia con dei sassi !? Sono le famose pietre del Ventoux ma 5 kg. per gli amici sono tanti !
Finalmente in discesa un bel sole. Mi fermo dopo una curva a mangiare delle more, mi sdraio un pò, quel lieve tepore fa godere le gambe indolenzite dalla fatica e dall’ acqua dei giorni passati, dopotutto Firenze non è poi così lontana e poi a mio figlio racconterò queste avventure.All’ improvviso arriva lo Zanoboni che si è trattenuto al rifugio per scrivere le sue 100 cartoline agli amici, una frenata terribile, due o tre pietre escono dalla tasca, uno sguardo lanciato verso di me. Io sono lì a torso nudo, la maglietta appesa a un ramo, con la bocca nera di more, sdraiato, le scarpette, una in quà una in là, la bici scaraventata sopra una macchia ---Che spettacolo indecoroso !--mi urla Zanoboni e poi la fuga a 70 all’ora scandalizzato.
Nel bar di Bedouin la conclusione: una birra, e mentre lo Zanoboni sta parlando di Firenze, di politica e di ciclismo con due escursionisti che non capiscono l’italiano, uno strano rumore, la tasca si è sfondata, tutte le famose pietre rotolano per terra. Allibiti tutti si voltano verso di noi , un attimo di silenzio, poi una risata generale. Allora si rompono le barriere linguistiche, l’ oste si ricorda di avere dei lontani parenti a Firenze, anche noi ci sentiamo un pò francesi, molti bicchieri di birra, qualche canzone, un ballo con Zanoboni e il Pucci.E fuori ricomincia a piovere.
Così si conclude il nostro raid, un po’ di sfortuna, un po’ di malinconia, molta allegria. E all’ immagine del bar di Bedouin si contrappone quella della foto iniziale. Nella nebbia, le tre bici sporche di mota e di sudore sono buttate lì quasi con rabbia(all’ inizio del raid venivano sempre appoggiate con cura e pulite ogni sera ), siamo nel tratto finale del Mont Ventoux, di fronte c’è la lapide di Simpson. Stiamo per rientrare a Firenze.
Ciao bicicletta,
mi sento vecchio, tu sei molto più giovane di me, questo è stato l’ ultimo raid che abbiamo fatto insieme. Dal prossimo anno, durante le ferie, tu resterai sola in quella buia cantina. Sì, io ritornerò su quell’ anonima spiaggia, sotto quello squallido ombrellone a fare castelli di sabbia insieme a mio figlio. Ripenseremo con tristezza alle nostre avventure, al freddo del Tourmalet, alla pioggia dell’ Envalira, alle vette innevate dell’ Iseran e dello Stelvio, al paesaggio lunare della Bonnette, alla pietraia del Ventoux .
Ritorneremo insieme, ma solo per le rituali gite domenicali tra le nostre colline del Chianti. Quando valicheremo il passo del Sugame o del Panzano i nostri occhi cercheranno l’ orizzonte e andranno oltre per cercare i grandi spazi, i sublimi silenzi, per rivedere gli occhi (tristi o felici ? ) delle mucche e caprette che bivaccano sui prati e sulle mulattiere, per risentire quel dolce suono di campanaccio che è sinonimo di assoluta libertà.
Purtroppo non saremo più protagonisti o forse la mia vita da protagonista comincerà proprio dal prossimo anno e poi chissà un giorno.... fra qualche anno.....forse.....!!!??

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