giovedì 13 novembre 2008

Giro della Sardegna 2007




Anno 2007


Che fare quest'anno? Dopo la Corsica dell' anno scorso su quali strade le nostre bici avrebbero dovuto appoggiare i propri copertoni? La mia idea era quella della Croazia e Slovenia, ma sembrava un po' difficile da organizzare, bisognava andare ad Ancona per il traghetto, quindi due giorni partivano per arrivare all'imbarco e poi, per ritornare a Trieste, dovevamo senz'altro fare dei trasferimenti in pullman o in treno. In quei luoghi un po' sperduti, perchè la nostra intenzione era di scorrazzare parecchio anche nell' interno, sarebbe stata una bella avventura, ma anche un po' rischiosa. Poi a Fabio venne in mente l' idea della Sicilia, così il giro della seconda isola, per evitare la partenza da Livorno, magari andare fino a Napoli in treno, poi l' imbarco per Palermo, quattro giorni sarebbero partiti anche in questo caso per l' andata e il ritorno. Per questo, Franco avrebbe gradito il trasferimento in aereo, cosa che fu subito da me bocciata poiché sono allergico all' aereo, poi son sempre riuscito a evitare gite con mogliera e pensionati vari con la scusa del volo, quindi era come darsi la zappa sui piedi; una volta sverginato al mezzo alato, se non quest'anno, l' anno venturo mi sarei dovuto accollare sicuramente ore e ore di volo con visite a sassi di siti archeologici in vari continenti. E poi le nostre bici lassù in cielo, il costo per le custodie, il biglietto supplementare, il rischio di ritrovarsi noi in Sicilia e le bici in Nuova Zelanda. No ! niente aereo. Giampaolo, il marocchino della Corsica, avrebbe invece gradito fare una spedizione sulle montagne, Dolomiti, Val D'Aosta o quant'altro, però senza bagagli. Nonostante il suo funzionale e professionale beauty case dell' anno scorso, per questa estate dunque una vacanza più riposante, sosta in albergo per due o tre giorni e poi trasferimento in altro luogo, in altro hotel, fare dunque due o tre passi al giorno per poi trasferirsi altrove. E, in effetti, per andare due o tre volte sopra i 1500 metri di altitudine era quasi indispensabile non portarsi dietro quei 10 kg di zavorra. Il periodo doveva essere Maggio per eventuali zone marine o luglio per i monti. Eravamo arrivati a fine Marzo e ancora nessuna decisione, poi cominciarono le rinunce. Fabio mi comunicò che, dovendo partecipare ad una gara importante di Triathlon all'isola d'Elba, non poteva in alcun modo tradire una metodologia di allenamento specifica per quel tipo di gare, dodici giorni pellegrinando non erano quanto di meglio fare per allenarsi a quella massacrante gara. Eravamo rimasti in tre e a Maggio mancava poco più di un mese. Poi arrivò anche il forfait di Giampaolo che io mi aspettavo da un momento all'altro, poiché, in effetti, aveva da un po' di tempo abbandonato gli allenamenti, e anche se spesso si proponeva di ripartire quanto prima, non mi risultava che al momento avesse sofferto molto sulla bici.
Eravamo rimasti in due, io e Franco-Bugno che doveva scegliere le sue ultime ferie. Quest' anno forse avremmo saltato il nostro raid. E poi che raid sarebbe stato in due? un pensionato e un quasi, e poi quando saremmo andati a cercare da dormire che avrebbero pensato? chiedere una camera matrimoniale per quattro è una cosa ma per due ..
Durante una delle nostre gite domenicali io lanciai l' idea Sardegna, così facciamo come l 'anno scorso, andiamo in tre ore a Livorno, poi imbarco e la mattina siamo pronti per la prima pedalata. L' idea non dispiacque a Gianni Bugno, nonostante la sua preferenza per SiciliaconAereo. In effetti, io ero da molto tempo che non andavo in Sardegna e poi mai di Maggio, pur sentendo dire che in quel periodo quella terra è uno spettacolo di colori.
La missione, in effetti, era una quasi ripetizione del giro dell'anno precedente e poi quell' entusiasmo un po' ridotto per questa comitiva a due. Io cominciai a buttar giù un po' di programma, dodici, tredici giorni compreso il viaggio Firenze-Livorno e viceversa, ovviamente come da nostra abitudine dovevamo percorrere tutta la costa con qualche tratto nell'interno. Alla fine vennero fuori circa 1500 km, la parte interna era assicurata, tralasciando la costa orientale da Cala Gonone fino a Muravera e rimpiazzandola con le zone interne della Barbagia, Orgosolo, Fonni, Aritzo, Laconi e poi sul finale l’inevitabile ascensione al monte Limbara.
Tramite Internet feci una bella scorta d’indirizzi e numeri telefonici di Break and Breakfast, agriturismi (sarebbero stati la nostra disgrazia), prenotai soltanto un break a Laconi per sicurezza, essendo una zona abbastanza sperduta nell’interno.
Le previsioni meteo non erano buone ma in Sardegna si diceva -non ci devono essere problemi di pioggia- Ancora non avevamo preso in considerazione il nostro futuro nemico : il VENTO... Dovevamo partire il sabato notte; fino a mercoledì le condizioni meteo sarebbero state discrete, poi le previsioni poco entusiasmanti. Che fare? Io avevo già fatto preparare a mia moglie una particolare borsa triangolare da mettere nella parte centrale del telaio che mi avrebbe alleggerito sia il peso dello zaino del portapacchi posteriore sia quello a spalla. Tutto era pronto ma la decisione? Si aspettò fino giovedì prima di dire con convinzione - Sì, si parte in due - Immaginai il commento della moglie di Franco, Franco immaginò il commento della mia.



Prima tappa
Firenze – Livorno km 105
Il catetere in bocca e via..si parte !




Partimmo di pomeriggio perché avevamo il traghetto molto tardi, alle 22,30.

La decisione iniziale era di evitare la strada che facemmo l'anno prima, troppo transitata. La mia idea di toccare i paesini nell’interno di San Miniato mi fu bocciata, allungavamo troppo il percorso e allora deviazione da Pontedera in quel di Ponsacco evitando così il terribile e pericoloso Arnaccio. Se riguardo la foto che mio figlio mi scattò alla partenza, mi auguro che nessuno dei vicini mi abbia visto. 
Avevo la famosa borsa triangolare che in fondo non si rivelò gran che di utile perché, se la utilizzavo come doveva esser il suo scopo, cioè per contenere un numero decoroso d’ indumenti o cianfrusaglie varie, mi fregava alle cosce disturbando alquanto la pedalata. Durante il tragitto fu usata essenzialmente per portare le scarpe e un paio di ciabatte e qualche attrezzo per la bici.





Poi avevo lo zaino a tracolla da cui usciva il famoso catetere per l'abbeveratoio. Quest' anno avevo optato per il contenitore di acqua sulle spalle per bere poco e spesso, cosa essenziale alla quale io normalmente non obtemperavo. Ci ritrovammo, come l 'anno prima, a Montelupo Fiorentino e ci facemmo scattare la solita prima foto. Ci sentimmo subito un po' soli e ripensammo all'anno precedente quando effettivamente c' era un’atmosfera un più godereccia e giovanile. Immaginando che il fotografo improvvisato abbia pensato subito male, aprii bocca io --non pensi male --, non siamo marito e moglie, almeno per ora...





Credevo che facesse una risatina invece non mi guardò molto bene. Ciao Montelupo. A fra dodici giorni ... Come previsto sbagliamo più volte strada in quei meandri fra Pontedera e Ponsacco, comunque arriviamo al porto per tempo in mezzo a camion, tir, moto. In biglietteria e in bagno per cambiarsi velocemente, poi una pizza in un localino lì vicino e poi subito in fila di fronte alla nave in attesa che il portellone si apra. 



Noi davanti, insieme a una ciurma di motociclisti, nemmeno un ciclista. All' apertura purtroppo ci fanno attendere l' entrata dei centauri, così facciamo una bella scorta di aria pura per la gioia dei nostri polmoni. Quest' anno il distacco dalla bici è meno doloroso dell'anno prima, la Merak è dodici mesi più vecchia e dopo l'esperienza passata ha anche molti graffi in più, Franco la sua Avant l' ha lasciata a riposare a casa e ha scelto il suo muletto, quindi niente preoccupazioni per le fidanzate, comunque provvediamo a incatenarle ben bene in una stanzina che gli addetti all'imbarco ci hanno indicato. Mentre siamo intenti a tale operazione nel frastuono della pancia della nave, arriva, finalmente, un altro ciclista con un mezzo veramente ricoperto da sacchi, valigie, ci domanda qualcosa mi sembra in tedesco e non capiamo una mazza. Se ne va prima lui, a noi invece lo smontaggio delle nostre attrezzature artigianali richiede molto più tempo. Finalmente ci avviamo per le scalette e ovviamente prendiamo la strada sbagliata, ci rimbrotta un addetto, ridendo perché la visione di questi due vecchierelli imbranati non induce ad altro, io con la borsa triangolare, lo zaino sulle spalle da cui sbuca il famoso abbeveratoio cateterato, un altro zaino a mano, Franco con il suo trolley, anche quest' anno il famoso trolley che troneggia sulle due aste posteriori fissate al tubo sella. Ancora non sappiamo della ribellione che stanno escogitando le due propaggini in ferro. Ovviamente anche gli altri passeggeri ci scrutano con sospetto, ma chi sono quei due vecchietti vestiti a quel modo? L'estate scorsa i quattro erano sicuramente invidiati, quest' anno non so...Finalmente le poltrone, ne occupiamo due per oguno, tanto ci sono pochi passeggeri e cerchiamo di dormire, forse mi sarò appisolato per mezz 'ora. Ho sempre odiato quelle poltrone ma anche nelle cabine non ho ricordo di essere stato poi tanto meglio causa la quasi sicura dislocazione della cabina proprio sopra i motori della nave. Comunque nella notte mi sembrò di vedere rettilinei lunghissimi, campi con fiori di tutti i colori, riuscii perfino a percepire profumi di mirto, ramerino, origano, poi un leggero venticello che nel sogno muoveva gli steli di tutti quei fiori gialli e blu, e che in realtà era causato dallo spiffero dell’ apertura di una porta, mi riportò alla vita reale.
Seconda tappa
Olbia-Porto San Paolo-San Teodoro-Budoni Posada-S.Lucia -Cala Liberotto-Orosei- Dorgali- km 157.
Troppi chilometri ...e troppo vino.
La tappa prevista doveva raggiungere appena i 120 km, poi fra escursioni a spiaggette e calette e la ricerca del pernottamento se ne aggiunsero quasi quaranta in più.




Ancora una volta per uscire dalla pancia della nave, ci perdemmo fra i tir, camper, roulotte, ci beccò di nuovo il solito addetto-i vostri mezzi sono laggiù- sempre sogghignando. A quell'ora mattutina ero più in forma, stavo per mandarlo a quel paese, invece lo salutai ridendo anch' io-buon lavoro - quasi come per ricordagli che noi eravamo in vacanza e lui era sul pezzo. All' uscita verso le 6,30 quella brezza mattutina ci fece svegliare e allontanare quel torpore, ci cambiammo le scarpe, eravamo pronti, eravamo in due ma la gioia per la bici ci aveva già contagiato, stava partendo un nuovo raid, il tempo era ok, solo la bocca un po' impastata richiedeva una buona e sostanziosa colazione, decidemmo di uscire dal porto, certamente avremmo trovato qualche bar, magari una profumosa pasticceria. 

Facemmo molti km prima di trovare un luogo decoroso, come cani da tartufo, appena vedevamo in lontananza un’insegna luminosa, cominciavamo ad annusare sperando che le nostre narici percepissero qualcosa che si riconducesse a creme, panna, cioccolate, sfoglie varie, ma quel profumo misto di questi prodotti non si decideva ad arrivare, e poi, finalmente un -ci siamo-, invece soltanto insegne di cartolerie, macellerie, generi vari o bar ancora chiusi. Un miraggio! Infine in fondo ad un lungo rettilineo, ormai eravamo già nei pressi di Porto San Paolo, una piazzola con molte auto e camion parcheggiati, un’ insegna, benzinaio? Quando fummo a poco più di 200 metri, capimmo subito che quel profumino che era nell' aria, anche se confuso con la fraganza di mirto, non proveniva certamente da una pompa di benzina, ma da un forno perfettamente funzionante. Questa volta non ci preoccupammo molto di lasciare le bici incustodite, ma, come inebriati, seguimmo quell' alone fino al banco, dove effettivamente c 'erano delizie di tutti i tipi. Quando uscimmo con un altro spirito e con molte più calorie, notammo che c' erano parcheggiati dei furgoni pubblicitari di due squadre del giro d’Italia. Mi venne in mente che in quei giorni stava partendo proprio il giro d’ Italia dalla Sardegna, non mi ero per niente documentato sull’evento, essendomi molto più interessato ai nostri percorsi; Franco si avvicinò al personale e si mise a parlare. Scoprimmo che una delle nostre tappe, quella del giorno dopo, era quasi identica a quella del giro e che quel giorno la partenza era da Tempio Pausania. Franco riuscì a farsi dare molte bustine d’integratori e vari gadget. In quel momento eravamo già dopati da creme e cioccolate, ma avremmo sicuramente utilizzato in futuro quelle miracolose bustine. Ripartimmo molto più in forma, ai nostri zaini facevano compagnia adesso delle buste gialle pubblicitarie, nessuno avrebbe mai pensato che erano piene d’integratori dei professionisti del giro. Comunque prima di eseguire la prima miscela di acqua e polvere miracolosa, volli telefonicamente interpellare mio cognato medico al quale riferii tutte le sostanze indicate come presenti sulla confezione. Mi assicurò che era tutto ok per la salute. Le utilizzai regolarmente ma non mi resi conto di un grande effetto, una barretta al miele e mandorle in fondo è sempre molto migliore. Eravamo in zona Porto San Paolo e ci sembrò inevitabile allungare 4 km per visitare la costa Dorata di fronte alla Tavolara. Mare spettacolare e il Capo Coda Cavallo? Dovevano ancora una volta fare 7+7 km per arrivare sulla punta, decidemmo per il sì e non ce ne pentimmo, ma i km rispetto a quelli previsti cominciarono ad aumentare.




Ovviamente non potemmo dire di no alla nostra voglia di entrare in San Teodoro facendo un’altra deviazione, poi rientrando nell' interno cominciammo veramente apprezzare la natura sarda del mese di maggio. Come ci fu detto in seguito, quest' anno era piovuto molto più del normale e la vegetazione era eccezionale proprio per questo; normalmente negli anni precedenti già in questo periodo la forza del sole aveva già cominciato a bruciare prati e fiori. In effetti, anche se tutti quei saliscendi e quelle diritture cominciavano a farsi sentire, tutti i colori e i profumi che avevamo intorno a noi, ci facevamo dimenticare che l' arrivo era previsto a Dorgali, ancora molto lontano. I fiorellini da fotografare, la baietta che era indispensabile immortalare, era tutto un salire e scendere dalla bici, prendere strade che arrivavamo al mare per poi rientrare sulla provinciale, quindi scherzando e pedalando oltrepassammo Budoni, Posada, la Caletta e infine Cala Liberotto dove ci prendemmo un’oretta di bivacco con tanto di bagno.

Dopo l' acqua ghiacciata e la sabbia bollente fu molto dura trasformarsi da tedeschi in costume a uomini da Giro d'Italia e fu ancor più dura risistemare tutti i nostri bagagli nei luoghi appropriati.




L'ultima affacciata sul mare a Marina di Orosei e poi cominciammo quella lieve ma continua ascensione fino a Dorgali, l'ultimo km si fece sentire. Alle sedici eravamo nel centro di Dorgali, avevamo prenotato un agriturismo tramite Internet ma quando mi misi in contatto per sapere la dislocazione rimasi molto male. La dislocazione era vicino al lago Cedrino, posto incantevole ma per arrivarci dovevamo scendere 6 km. Siccome l'idea, vista l'ora, era di fare una scappatina e magari un altro bagnetto a Cala Gonone, la prospettiva di scendere per poi risalire 6 km per poi riscendere al mare con altri 6 km che ovviamente dovevano essere risaliti, mi fece disdire immediatamente anche se molto a malincuore. Il gestore, una persona che dalla voce sembrava abbastanza anziana, giustamente non mi trattò bene, non capii però molto quello che mi disse in sardo ma lo immaginai senza ombra di dubbio.

 Decidemmo di andare a Cala Gonone, lì avremmo trovato senz'altro qualche agri-break o albergo. Mentre scendevamo lungo i tornanti, che purtroppo successivamente avremmo dovuto risalire, vedemmo un insegna di un agriturismo, Mannu, proviamo. Prendemmo quella stradina che diventò subito sterrata e in salita, sorpassammo vari recinti di pastori ma dell'agriturismo non c'era traccia, percorremmo circa due km prima di rivedere un altra insegna, andammo ancora avanti con la prospettiva di trovare un deprimente -closed- o -complete-, la strada diventava sempre più accidentata e i nostri bagagli sballonzavano in continuazione, finalmente ecco l' entrata dell' agriturismo. Una struttura molto simpatica, anche se modesta, posizionata in un bel posto con vista mare, un bambino stava giocando di fronte all'entrata, più in là un cavallo e un canino legato che già stava scodinzolando, finalmente la proprietaria ci dette la buona notizia, avevano un appartamentino libero con due letti singoli, meno male, la spesa era 35 euro compreso cena, pernottamento e colazione, eccezionale ! Mentre la signora era intenta a sistemarci la camera facemmo due chiacchiere con il marito della signora e con il bambino. Erano una famigliola molto laboriosa, con i contributi regionali e con molto sacrificio avevano trasformato una vecchia colonica in quella decorosa struttura.


Dovevano darsi parecchio da fare perché, oltre all'attività degli appartamenti, dovevano provvedere anche al gregge, ai campi. L’ uomo ci chiese da dove venivamo e dove erevamo diretti, rimase molto stupito come due vecchierelli avessero la voglia di percorrere tutti quei km. Il cane reclamava una carezza e fu da me subito accontentato. Finalmente la camera, una rinfrescata veloce e poi partenza per le calette. In quella zona ero stato in vacanza moltissimi anni prima e mi ricordavo dei posticini bellissimi e neanche tanto lontani dal centro di Cala Gonone, cena per le ore 20, risalimmo in bici e giù per gli ultimi 4 km senza bagagli ma con asciugamano e costume sotto i pantaloncini. Cala Sisine fu la spiaggetta dove approdammo, ovviamente portando a prendere il sole anche i nostri due mezzi meccanici. Non c'erano molte persone, ma tutte quelle che erano o in acqua o sulla spiaggia non poteremo fare a meno di volgere lo sguardo verso di noi. In effetti non è da tutti i giorni vedere arrivare sulla spiaggia due bici accompagnate da due 60enni colorati, senza capelli, barba e baffi bianchi, che ridono come ragazzini, che si spogliano, mettono tutti gli indumenti sulle bici, appoggiano quest' ultime ad uno scoglio e poi si gettano in acqua. 





Il bagno fu molto breve poiché l'acqua, anche se invitante per la limpidezza assoluta, era molto fredda, comunque restammo più di un ora a bivacco e le gambe al sole ci ringraziarono molto. Risalire all'agriturismo fu molto dura e poi quando varcammo l'entrata il mio contachilometri segnava 157 km, troppi, d' ora in avanti bisognava rispettare il percorso, altrimenti non ce l'avremmo fatta a rivedere, sani , di nuovo Olbia.
Una bella doccia ci rimise in forma per l'exploit finale, la cena, avevamo sentito parlare molto bene delle cene in agri-sardi e in effetti... Ci trovammo in una stanza rustica seduti ad un tavolino più adatto ad una coppietta uomo/donna, di fronte una tavolata piena di tedeschi, alle pareti vari oggetti agresti molto simpatici. Una brocca di vino arrivò subito, non Cannonao ma decorosissimo, poi antipasti di tutti i tipi, due primi, e ribrocca di vino, maialino arrosto, agnello, altra brocca di vino, dolci di ogni specie, vinello dolce, e per finire un buon liquore al mirto. Tutto eccezionale, ma non per due ciclisti alla prima tappa. I tedeschi cominciarono ad alzare i bicchieri, un brindisi fu inevitabile, qui si finisce in un' ubriacatura collettiva, quella volta ci andò bene ma nell'aria c' era uno strano presentimento ..Malgrado la stanchezza e la sonnolenza accentuata da un buon tasso alcolico, decidemmo di andare a fare due passi. Riprendemmo una stradina sterrata, non c' era un briciolo di luce anche se spesso transitavano delle auto, ma dove saranno andate? forse pastori, cacciatori, amatori. L' aria era al top, ne' caldo ne' freddo, in lontananza si sentivano lievemente le musiche da qualche discoteca di Cala Gonone ma erano come tamburi lontani, lì c' era una pace assoluta, qualche rumore di un volatile ogni tanto rompeva quel silenzio ovattato, il profumo di ginestre si mescolava con altri di piante sconosciute, anche quegli odori forti e particolari riconducibili a pecore, capre , mucche ,miscelati con quell' aria, assumevano una caratteristica diversa e non disturbavano affatto le narici; solo il transito di qualche auto ci riconduceva alla realtà, la puzza umana di qualche fumo di cicca proveniente dall' abitacolo e ancor peggio il gas di scarico dell'auto che, mescolandosi con la polvere della strada, distruggeva, per fortuna per pochi secondi, quell' aria che ci aveva già tolto la stanchezza di una prima giornata molto impegnativa.
Quella notte in quella cameretta mi ricordo di aver volato sopra Cala Gonne e Cala Sisine, ora, in compagnia di un gabbiano, riuscivo quasi a fregare l'acqua del mare, poi improvvisamente mi ritrovavo in cima ad una montagna sperduta a pascolare un gregge in compagnia di un cane che stava controllando bene le sue pecorelle, mentre una bici da corsa era appoggiata ad un fico. Quando mi sono svegliato e sono andato in bagno ho visto Franco che dormiva con le braccia allargate, sono convinto che anche lui in quel momento stava volando...
Terza tappa
Dorgali-Oliena- Orgosolo-Pratobello-Fonni-Desulo-Aritzo-Belvi km 123
Canonica o agriturismo a luci rosse ?
Una giornata splendida ci accolse il mattino seguente, non dovemmo faticare più di tanto per trovare una splendida colazione a base di dolci sardi e latte appena munto. Salutammo un bel paio di figliole tedesche che guarda caso avevano dormito proprio nella stanza accanto a noi, salutammo i proprietari che ci dettero il solito bigliettino da visita, una carezza al bambino che era intento a giocare con il cane, il quale si mise subito in posa per ottenere anche lui un po' di attenzione.





La tappa del giorno si presentava molto interessante. L' arrivo previsto era a Laconi dove avevo già contattato solo per informazioni un paio di break e un paio di agriturismi, tutta la zona del parco nazionale di Orosei e del Gennargentu era nostra. Non partimmo molto presto, il rito della colazione fu ben celebrato e poi dovemmo subito sorbirci quei 3 km di salita per ritornare a Dorgali, poi quei magnifici km di discesa per arrivare al lago Cedrino, dove notammo anche l' insegna di quell' agriturismo che io avevo bidonato. La strada che attraverso a Oliena ci portò a Orgosolo fu una goduria, i nostri sensi fecero un pieno di profumi e colori meravigliosi, ad ogni curva bisognava fermarsi per fotografare un nuovo tipo di arbusto con colori diversi, avrei voluto anche mettere in una bottiglia tutti quei profumi di erbe aromatiche che erano nell' aria, ora ti sembrava di sentire il mirto, poi la ginestra, poi qualcosa di indecifrabile e sconosciuto. Dopo varie soste fui costretto a dar retta a Franco -stasera arriviamo a notte fonda, se continuiamo così-. Rimisi la macchina a suo posto e decisi di non ritirarla fuori fino al giorno dopo, il che mi fu in realtà impossibile. Entrammo in Orgosolo e mi accorsi subito che il paese era veramente cambiato dal giorno che avevo visitato una ventina di anni prima, c'era sempre qualcosa di misterioso nell'aria ma tutti quei dipinti sulle facciate delle case mi fecero capire che la gioventù aveva invaso il paese, che la povertà di un tempo aveva lasciato il posto ad un benessere diffuso, che le vecchie donne in nero che ciabattavano nelle piazzette del paese avevano lasciato il posto a belle ragazze in minigonna e con la sigaretta in mano. Ci fermammo per un caffé e la pausa non fu solo quella per la tazzina. Il gestore, un ragazzotto sulla quarantina, volle sapere da dove venivamo, dove andavamo, una chiacchiera cominciò a tirar l' altra; lui era stato per qualche anno a lavorare in Toscana e alla fine venne fuori che aveva conosciuto anche delle persone amiche nostre, non fu poi ovviamente possibile rifiutare un grappino distillato in proprio. Ci accorgemmo dell' ora tarda quando alla nostra perplessità- ma no la grappa a colazione, meglio di no'--ci fece notare che erano le 2 del pomeriggio, accidenti, la meta era molto lontana e probabilmente dovevamo sicuramente accorciare il percorso. E mentre ormai ci facevamo il secondo bicchierino, il nostro amico ci consigliò di non passare da Mamoiada ma tagliare e arrivare a Fonni da Pratobello, che secondo lui era un posto meraviglioso, in seguito evitare Ovodda e Tonara ma raggiungere Aritzo da Desulo. Quando ripartimmo fu dura lasciare il nostro amico mentre ci stava narrando delle sue avventure in Toscana, di come Orgosolo fosse cambiata in meglio, di perchè era ritornato al suo paese, e fu ancora più dura salire ai mille metri di Cuccurru Paza, anche perchè quella boccetta di grappa, quando noi lanciammo l' ultima serie di -ciao e grazie- era per la maggior parte, piena di aria.
Le strade della Sardegna ciclisticamente non sono molto dure, anche le salite, che spesso portano ai 1000 metri e oltre, hanno una pendenza accettabile e si pedalano molto bene. Ci sono in continuazione saliscendi , ma quello che psicologicamente dà più fastidio sono qui lunghi rettilinei spesso a sfavore e spesso controvento che non finiscono mai , e poi ti sembra di arrivare alla fine, scendi per 100 metri e poi te ne ritrovi un altro più lungo del precedente e ti tocca risalire.

La zona dell' altopiano di Pratobello e del lago Govossai è meravigliosa,in effetti il consiglio dataci dal Grapman si rivelò azzeccato, c 'erano mucche, capre, pecore, cavalli e noi passavano in mezzo ai due spezzoni di distese di prati, non sembrava veramente di essere sui mille metri di altitudine in quanto, da qualsiasi parte girassimo gli occhi, era tutta una pianura intorno a noi. Poi improvvisamente apparvero all' orizzonte cime di monti illuminate dal sole, ci accorgemmo allora di essere in montagna, no, in realtà eravamo in paradiso ! Guardando la cartina che ogni tanto tiravo fuori per controllare dove eravamo, stabilimmo che non era assolutamente possibile arrivare per tempo a Laconi ma avremmo dovuto fare arrivo di tappa a Aritzo, avremmo recuperato il giorno dopo i km mancanti. I km successivi furono un susseguirsi di salite dagli ottocento ai mille metri, ai 1245 di S' Arcu de Tascussi. Decidemmo il transito da Desulo e da lì lunga discesa su Aritzo. Prima di calare chiedemmo notizie ad un uomo che era fermo accanto ad una macchina, noi saremmo arrivati al paese sicuramente all' imbrunire e volevo accertarmi se esistevano degli hotel, break o agriturismi. Ci comunicò che, se volevamo, potevamo pernottare presso il suo agriturismo che era li a poco più di un chilometro. Eravamo tentati di accettare poi, forse amanti del rischio, rifiutammo e decidemmo di buttarsi giù in quei 15 km di discesa, in alcuni punti anche con fondo sconnesso, per rischiare un posto letto nella metropoli di Aritzo. Su Aritzo, in quanto non sede di tappa, non avevo nessun numero telefonico ne' indicazioni, trovammo due hotel, uno era chiuso, l'altro sembrava aperto ma non rispondeva nessuno, era quasi buio. Un signore ci indicò un agriturismo a 2 km, c'era da scendere ancora e se avessimo dovuto risalire ? Facemmo altri 5 km in discesa ormai era buio, oltrepassammo Belvì, ci fu comunicato che l' agriturismo era ancora più avanti. L'anno prima in questa situazione avrei adocchiato dei casolari disabitati o case in costruzione per un' alternativa alla dormita all'addiaccio, quest' anno invece tenevo d'occhio i campanili delle chiese, pensavo, nella peggiore delle ipotesi, a un buon prete che ci avrebbe ospitato anche in una fredda sacrestia o ci avrebbe indicato almeno qualche buona perpetua con un letto o divano a disposizione per ospiti inattesi. Finalmente l'agriturismo, un cane cominciò ad abbaiare, mi decisi da entrare. Franco restò lì fermo a tenere a guardia le bici e il quattro zampe superincazzato. Finalmente arrivò una signora, aveva un' aspetto molto signorile, mi gettai- avete una camera con due letti per stasera?- Mi guardò in maniera molto strana, quei secondi che mi separarono dalla risposta furono interminabili, se avesse detto- completo !- o mi sarei forse sparato o avrei pensato intensamente alla canonica. Sì -, mi sentii sollevato - Sono 55 a persona ... Eh eh, balbettai, compreso cena e colazione- Sì, compreso cena e colazione .. Ma! ... volli intervenire anche se non era il momento giusto, ormai era buio pesto - noi volevamo spendere un po' di meno..- Ma le nostre tariffe sono queste e in linea con i prezzi qui in Sardegna ... Veramente noi ieri abbiamo speso 35 euro- ma solo per dormire immagino ... no no con una cena faraonica e una colazione eccezionale- . Non so per quale motivo, ma cominciai ad elencare tutti i piatti e man mano che li elencavo me li rivedevo lì davanti, a quell'ora oltre che la stanchezza, l'appetito o meglio la fame era il senso predominante. La signora incominciò ad arrossire e la cosa non mi piacque molto. Un po' imbarazzata --ma venga le faccio vedere le camere -- Intanto sentivo il cane che abbaiava e Franco che sbraitava, un diverbio con la padrona e uno con la bestiola. Salimmo in mezzo ad un bosco ed ogni tanto apparivano dei simpatici bungalow. Ne oltrepassammo due o tre, non so per quale ragione perché sembrava che non ci fosse nessun ospite, finalmente tirò fuori la chiave di uno e aprì la porta. Accesa la luce vidi un ambiente favoloso, un letto antico con tanto di baldacchino, dei quadri appesi alle pareti con dei nudi, specchi da tutte le parti, capii subito che ambiente era. Mi venne spontaneo di dire.. ma signora, bellissimo, ma sa noi siamo due maschietti e nemmeno frosci, a noi per dormire ci basterebbe un materasso, forse quando ritorneremo con le nostre donne (forse meglio di no !) e poi, visto che quel rossore sulla faccia rotondetta mi sentenziava chiaramente che la signora era poco provvista di vettovagliamento, mi fece continuare... a noi interessa molto di più sapere cosa c' è da mangiare ... La signora arrossì ancora di più ... nel frattempo sentii sberciare un signore che veniva fuori dal bosco.. ma cosa vogliono questi due, mandali via...mandali da un altra parte, noi siamo chiusi, non si può confondersi per una sera soltanto e poi dove andiamo adesso a comprare qualcosa da far mangiare... Io mi sentii morire, perché a quel punto io avrei accettato qualsiasi cosa, ...va bè dissi.. almeno soltanto per dormire. No' -mi disse la signora, sempre più rossa, adesso non ve la dò io la camera e mi liquidò bruscamente. Maledetto me, mi ritornò in mente la Corsica, in quel di Piana quando quel pastore ci sfrattò da quel porcile in malo modo.. E mentre pensavo al prete e alla perpetua e alla fortuna avuta l'anno prima in simile circostanze, dopo quel rifiuto, ebbi la forza di voltarmi e incazzato come una iena... Benissimo..io sono un giornalista e avevo intenzione di fare un resoconto sulle strutture che abbiamo incontrato nel nostro viaggio, stia tranquilla che sul vostro agriturismo ne scriverò delle belle ... e mentre mi allontanavo, contento della solita balla del giornalista, sentivo che oltre ai latriti del cane si aggiunsero quelli della signora e del marito. Dalle frasi che riuscii a intendere, capii che non ce l' avevano con noi ma ..fra sè.. e forse anche con il cane. Intanto anche Franco, con le due bici in mano e il cane a debita distanza, lo sguardo molto depresso, assonnato e affamato, mi era venuto incontro, forse non si rendeva ben conto di ciò che era accaduto, ma forse sentiva nell'aria quella sensazione di disperata ricerca di qualche casa diroccata o in costruzione, l' idea della canonica ancora non gliela avevo riferita. Detti fuoco alle pile sulla bici e solo con un - niente, ti dico dopo - rimontai in sella, direzione centro di Belvì, Franco mi seguì, ovviamente borbottò qualcosa, erano le 21, i km 123. Prima di rientrare nel paese avemmo un miraggio, ma come mai quando eravamo scesi non l'avevamo visto? Un hotel nuovo di zecca, sembrava aperto ma non c'era nemmeno un'auto parcheggiata. Ci gettammo di corsa nella hall, arrivò una ragazza dall'aspetto molto simpatico e poi una signora anziana sorridente- Era impensabile chiedere, avete una camera libera ? Siete aperti ?- fu la logica domanda.
Ci condussero in una discreta camera, ci dissero che l' hotel era stato aperto da poco più di un mese e noi eravamo non i primi clienti ma quasi. Ci chiesero cosa volevamo da cena e che potevamo fare con calma, 40 euro,con cena e prima colazione, le nostre bici messe al sicuro in una bella rimessa allucchettata, un bel bagno ristoratore, poi una cena, non immensa come la sera prima nell'agri Mannu ma molto decorosa, meno male ! Vedemmo in Tv anche la tappa del giro d' Italia Barumini-Cagliari, due chiacchere con le proprietarie, dei biscottini fatti in casa e per concludere una buona grappa al mirto.. niente vin santo in sacrestia dunque, anche quella giornata finì tutto sommato alla grande, anzi in maniera molto più grande di quella che sarebbe stata se avessimo trovato subito quella sistemazione.
Quella notte sentii Franco agitarsi, forse era alle prese con quel minicane, io invece nello scendere da Desulu a Aritzo, non solo avevo perso le ruote di Franco, ma mi sembrò di aver perso pure la bici, ero a piedi e vedevo Aritzo in lontananza, più giù in una buca profonda Belvì, c'erano già le luci sul paesello ma era molto ma molto lontano,chissà quando e se sarei arrivato.... e poi un sacerdote che mi aveva chiuso la porta in faccia rimbrottandomi – ma questa è una chiesa, non un albergo, qui si viene a pregare , no a dormire !-
Quarta tappa
Belvi-Aritzo-Laconi-Nurallao-Giara del Gesturi-Barumini-Gergei-Escolca-Nurri-Orroli-Escalaplano-Ballao-San Vito - Muravera km 165.
Siamo fuori tempo massimo, ma le arance di Muravera...
La mattina partimmo per tempo, dovevamo recuperare una trentina di km del giorno prima e poi dovevamo fare i turisti alla giara del Gesturi e al sito archeologico di Barumini. Chiedemmo di far colazione alle ore 8. La ragazza della reception prima di partire ci fece aspettare abbastanza, poi ritornò con due fagottini, ci regalò delle nocciole tostate dicendosi che ci avrebbero fatto comodo essendo molto energetiche. Fummo felici di quel gentile pensiero e fra l' altro scoprimmo successivamente che erano eccezionali. Il tempo non era gran chè, c 'era un po' di vento e subito ebbi un guaio tecnico. Problemi all'attacco del pedale destro, come l'anno prima era successo a Franco, ma allora eravamo in quel di Empoli e fu facile trovare un negozio di bici, quest' anno, in quel luogo, o avrei riaggiustato il pedale o avrei pedalato con una gamba sola per diverse tappe. Provai più volte a vedere cosa era successo, la scarpa non s’ incastrava nell' attacco ed era difficile mantenere il piede sul pedale. Sembrava tutto ok ma il piede scivolava via in continuazione, toccava pedalare con attenzione concentrati per non rischiare. Dopo una quindicina di km il sole ritornò a splendere, l'attacco si aggiustò da solo, il vento purtroppo stava continuamndo a soffiare.





La strada fino a Gesturi si snoda su altitudine dai 400 ai 500 metri, il panorama è molto diverso da quello del giorno prima ma pur sempre molto bello, i campi sono ben coltivati, non siamo in montagna ma su un falsopiano, comunque il vento ancora non micidiale si fa sentire molto sulle gambe e poi tutti quei saliscendi, sempre più sali che scendi. A Gesturi che fare? a me avevano detto che visitare la Giara era indispensabile, il tempo era tiranno e dovevamo arrivare sul mar Tirreno di Muravera. Dopo un breve rifornimento seguiamo il cartello che indica la Giara.


La strada comincia subito a salire e se avessimo creduto che andasse per più di 4 km certamente avremmo rinunciato al turismo in quota. All' entrata del parco c' è una sbarra, ma noi facciamo finta di niente ed entriamo, ci chiamano, bisogna pagare un biglietto, anche con le bici ? -ma noi torniamo subito indietro- non ne vogliono sapere dell' entrata gratuita - Più pesi per i due biglietti ricevuti e più leggeri per 10 eurini , continuiamo a salire per ancora due km, sento che Franco sta già mandandomi a quel paese- ma che ci sarà poi di tanto bello in cima, i famosi cavallini !- Prima della vetta, sul lato sinistro una distesa di un prati fioriti reclama una foto, nel frattempo immortalo anche il panorama sul lato sinistro, tutta una distesa di verde, poi le montagne della Barbagia e i monti del Gennargentu in lontananza, un po' di foschia non rende eccezionale quella magnifica veduta. Arrivati in cima, inizia l' altopiano, una serie di stradine sterrate tagliano le macchie di mirto e di ginestra e formano un alveare che sarebbe bellissimo poter esplorare.
Alternate alle macchie di verde, giallo e bianco della polvere delle strade, macchie di blu indicano dei laghetti sparsi qua e là, con un po' di fede e molto tempo a disposizione, dicono che è possibile vedere abbeverarsi vari tipi di volatili e i famosi cavallini(!) del Gesturi. Facciamo pochi km fra le stradelle, poi è quasi indispensabile fare marcia indietro, il vento lassù soffia in maniera impetuosa, le strade cominciano a imbucarsi, è meglio evitare forature inutili e poi perdere altro tempo significa rincorrere anche il giorno dopo i km non percorsi oggi e ieri. Dal rientro sulla provinciale a Barumini è un attimo, solo 5 km. Lì sarebbe stato in programma la famosa visita al sito archeologico patrimonio dell' Unesco. Nel paese ci sono ovviamente i segni del giro d'Italia che ha fatto partenza di tappa il giorno prima. Franco mi comunica che sarebbe meglio evitare di andare a fare il turismo al sito, è già tardi e poi le bici, dove le lasciamo? Un po' a malincuore accetto la decisione, dopo il fallimento della Giara, via verso verso Gergei, Escolca. Nomi di corridori del giro tappezzano le strade, l 'evento è stato molto sentito. Quando passiamo da Gergei, un gruppo di persone ci dice che i corridori sono già passati ieri e noi siamo fuori tempo massimo. In seguito quasi gli stessi apprezzamenti, cominciamo a rispondere- ma noi sicuramente gli riprenderemo --oppure- -ma noi non siamo mica dopati -- o ci hanno fermato a bere una grappina - a Nurri addirittura siamo noi a parlare per primi - Da quanto tempo è passato il gruppo ?- E' tutto un susseguirsi di montagnole, paesini, commenti ai ciclisti in ritardo e fatica, sì una fatica che comincia a farsi sentire, soprattutto cominciamo a odiare quel vento continuo. Vicino a Escalaplano chiedo un informazione ad un gruppo di persone anziane che bivaccano per la strada. Non aspettano altro che qualcuno con cui fare due ciance, dopo l’informazione attaccano bottone, uno ha dei parenti a Firenze, un altro è stato a lavorare in una cantina a San Casciano, un altro ha il figlio che fa il pastore a Panzano, ci vogliono invitare a bere una grappina o un mirto di loro produzione. Franco si era avviato e quando lo raggiungo, mi rimbrotta, tu ti metti a parlare con tutti, e poi facciamo tardi. In effetti, questi sardi sembrano dei musoni e all'inizio hai un po' di titubanza, poi ti rendi conto che sotto quella scorza da uomini duri si cela una buona dose di amichevole simpatia e ci stai volentieri ad ascoltare i loro discorsi, anche se in fondo non te ne frega niente se hanno qualcosa in comune con la tua città. In effetti, tutti quelli che abbiamo incontrato ci hanno tutti detto che conoscono Firenze come le loro tasche, ma sarà vero ? simpatici ? Si, ma forse anche un po' bugiardelli ?
Da Ballau a Muravera è una lunga discesa, sembra di viaggiare su un’autostrada senza auto, si viaggia molto velocemente e si recupera un po' di media perduta. Solo ogni tanto ci tocca rallentare per le fossette di metallo che attraversano la carreggiata. La strada ricorda quella che l'anno prima ci portò da Ghisoni a Solenzara, non tanto per il percorso ma perché si rientra sul mare, dopo le tre tappe interne. Stasera si ritrova la costa che d'ora in avanti non abbandoneremo più. Il giro di Sardegna è tale solo se tutto il perimetro è percorso. A Muravera il contachilometri segna 165 e si sentono, la media quasi come sempre, poco meno di venti . In quel paesino di mare non abbiamo problemi a trovare il pernottamento, andiamo a colpo sicuro su un residence che ci sembra carino e tranquillo. In effetti, è una struttura ancora in fase di rimessaggio che si prepara alla prossima stagione estiva, ma molto ben tenuta, tutte le camere si affacciano su un grande prato nel quale si sente solo la mancanza di una piscina. Decidiamo di mangiare alla pizzeria interna al locale. Quella sera un pranzo abbastanza leggero, siamo solo noi in un bell'ambiente che presumo fra un mese, sarà affollatissimo. La sera andiamo un po' a giro per il paese, un gelatino per rinforzare la cena e due chiacchiere con il gestore della gelateria che è di Bergamo e che viene tutti gli anni a fare la stagione in Sardegna. Franco tira fuori un pacchetto di sigarette, ne fumo anch'io una o meglio mezza perché dopo poco mi gira la testa, un altro presentimento per il futuro. Prima di andare in camera facciamo due passi nel giardino del residence, è pieno di arance maturi, ne assaggiamo una, è favolosa.
La notte mi sveglio di soprassalto, mi sembra di avere sognato che stavo combattendo contro una raffica di arance, poi addirittura stavo affogando in un mare di aranciata, Franco invece se la russa beatamente, vado in bagno, quella sigaretta non mi ha fatto per niente bene, mi affaccio alla finestra, vedo quella distesa di frutti arancioni, grossi e maturi. Richiudo la finestra, terrorizzato e torno a letto.
Quinta Tappa
Muravera-S.Priamo Capoferrato-Costa Resi.Villasimius- Cagliari-Sarrouch -Pula km 146
Beati fra colori, palme e quattro zampe.

Questa tappa mi crea un po' di pensiero, soprattutto è l'attraversamento di Cagliari che non m’ispira molto. Una buona colazione, il residence ci tratta molto bene, ci sono messe a disposizione torte di ogni tipo e ovviamente il cuoco non resta deluso, un po' meno soddisfatta la proprietaria che vede sparire fette su fette di quelle bontà al cioccolato, alla crema, al limone, al caffè, alla fragola. Nonostante tutto prima della partenza ci comunica un indirizzo di un agriturismo a Pula, la nostra seguente sede di tappa, e poi ci dice che, se vogliamo, possiamo rifornirsi di arance. Ovviamente ci appesantiamo il bagaglio di qualche kg in più. La mattina mi è rimasto solo la sensazione del gusto dolce di quel frutto e sparita completamente l'agitazione per l'incubo notturno.

Oggi si ritorna sulla costa, i panorami del verde e delle montagne saranno sostituti dai colori lievi e trasparenti del mare, i profumi di mirto e di ginestre dal profumo del rosmarino e ribes, i belati delle capre o i campanacci delle mucche dal rumore delle onde infrante sugli scogli, altre sensazioni, diverse, ma pur sempre meravigliose.
Franco parte alla caccia di un ciclista che è poco più avanti a noi, si incolla alla ruota e non si accorge di un bivio. Quando mi rendo conto che abbiamo preso due strade diverse, cerco di contattarlo con il cellulare ma in quella zona non c'è campo, ci ritroviamo dopo alcuni km ognuno con la sua giustificazione. Ormai siamo sulla Costa Rei e il vento si fa sentire. Gli integratori e le arance non ci fanno percepire la fame e proseguiamo tranquillamente gustando in pieno i panorami della costa, l'andatura non è mai elevata, alla fine del viaggio la media totale sarà di 19,7. A volte ci prendiamo in giro per la nostra andatura cammellare ma le nostre giustificazioni finiscono sempre per renderci soddisfatti.


 Il nostro ciclismo è qualcosa di diverso dal ciclismo praticato sulle strade. O incontriamo stranieri con mb pieni di bagagli che percorrono al massimo una cinquanta di km il giorno e poi compiono trasferimenti in treno o in pullman o agonisti che percorrono anche 130 km a trenta di media seguiti da un furgone al seguito con tutti i ricambi e alimenti sopra. Grulli come noi, che pedaliamo per dodici giorni con bagagli sulle bici da corsa percorrendo più di 130 km al giorno, sebbene a venti di media, non ne abbiamo trovati. Si, facciamoci coraggio, il nostro è un cicloturismo, sì, ma diciamo, evoluto.




Passiamo da Villasimius e una fermatina al Tanka Village e alla punta S. Stefano è indispensabile. Qui il turismo è quello che noi non amiamo, già in questo periodo file di ombrelloni con parcheggiati signore bikinate, oleate e fighetti occhialati con bibita, gazzetta, sigaretta sono già numerosi. Nel centro invece Suv di varie dimensioni scorrazzano e si sentano padroni delle piccole stradelle, una ripida salita ci dà l'ultima mazzata prima di uscire dall'inferno e rientrare dopo poco nella pace della costa incontaminata e solitaria. Cala Regina, Torre Mortorio, Cagliari è ormai di fronte a noi, il vento è aumentato d’intensità. Con la profonda convinzione del nostro ciclismo evoluto, sfidiamo il vento, l'entrata in Cagliari, il caos del porto, il rischio di sbagliare strada. Vediamo i famosi cigni rosa e poi il porto, malgrado le indicazioni che chiediamo a diverse persone riusciamo a sbagliare più volte strada. Non vediamo l'ora di uscire da questa zona che non è per niente bella, i profumi, i rumori, i colori sono di una città di porto, le auto ci passano accanto ad alta velocità, i camion ci suonano, questa è strada loro, i ciclisti sono intrusi, in lontananza montagne di container, no ! questa non è una zona da ciclisti, bisogna uscirne al più presto. Finalmente ci rendiamo conto che la strada ritrova i suoi lati con i colori giusti, campi verdi e case diverse anche se modeste ma di dimensioni più umane, riprendiamo il nostro percorso vero, siamo usciti da Cagliari. Ritroviamo ancora dei passaggi con strade molto larghe e rettilinei autostradali, ancora qualche camion che ci rasenta a grande velocità, ma con più umanità. Sarroch, Villa San Pietro siamo a Pula, abbiamo il numero telefonico dell’agriturismo La Biada datoci dalla signora delle Arance di Muravera, ma non essendo tardi, ci dirigiamo verso il centro di Pula per vedere se esistono altre strutture interessanti. Un’insegna di un agriturismo, ci fermiamo passa un’auto con due ragazze abbastanza in tiro, si ferma, ci chiedono se abbiamo bisogno di qualcosa, Franco si esalta. A me non viene di meglio che dire-Cerchiamo un posto dove si mangia bene e si spende poco- Forse non era quella la risposta che volevano, sorridono e rimettono in moto, Franco mi lancia delle occhiatacce. Entriamo in Pula, solite combriccole di giovani appoggiati ai loro motorini, vecchiette, che escono dalla Conad con i loro sacchetti di plastica rigonfi, un hotel, un break, una gelateria chiusa, decidiamo di chiamare la Biada e seguire il consiglio datoci. La signora al telefono ci dice che ha disponibilità, sono 45 euro tutto compreso, ci dà le indicazioni per raggiungerla. Pedaliamo ancora per 5 km, si esce da Pula in direzione di Torre Chia. Quando troviamo l'indicazione Agriturismo La Biada, il contachilometri segna 146, non male anche per oggi.





L'ambiente è molto simpatico, il vero agriturismo, grandi spazi verdi, bouganville che si erpicano, cavalli che girano liberi insieme a cani e gatti. Alcune palme, nel mezzo una piscina e poi segni di lavori in corso, come da tutte le parti in questo periodo. Si nota la passione dei proprietari nel disporre tutte le cose e i ninnoli di corredo all'ambiente. La signora ci accoglie gentilmente, ci fa molti complimenti, ci porta alla camera, si mangia alle ore 20. Mentre Franco si doccia io esco a fare due passi e ovviamente immortalo di foto tutto quello che è colore e a quattro zampe.


In un recinto vicino alla nostra dimora ci sono tre cuccioli di cani che appena mi vedono, si arrampicano alle sbarre per ricevere attenzione, una serie completa di scatti sui simpatici musetti delle bestiole è naturale, poi un'altra serie ai cavalli che pascolano liberi in un prato vicino, poi sopraggiunge un bel pastore tedesco, poi vicino al luogo del ristorante scorrazza un piccolo pincher che mi ricorda la mia vecchia Melissa, si stasera sono nel mio ambiente, evviva La Biada !












Tutte le sere le operazioni di rimessaggio nelle camere che ci accolgono sono molto laboriose. Sempre si presenta la stessa scena, siamo solo in due ma la camera si riempie completamente, i nostri zaini si aprono, le nostre magliette e pantaloncini dalla nostra pelle si ritrovano sulle sedie, sui divani, attaccate a qualche arpione al muro, in bagno, appoggiate alla doccia o alla vasca.



 Ormai siamo organizzati, ognuno si accaparra la metà degli oggetti disponibili tipo sedie, comodini, ganci vari. Sui letti in attesa di sistemazione cade di tutto, cellulari, cariche cellulari,integratori,barrette, spiccioli di euro,cartine, fogli sporchi di sudore in cui si riportano le spese fatte, calzini, guanti, caschi, occhiali, frutta, biscotti, penne, bustine di integratori. Il più delle volte l'operazione di sistemazione resta a metà e parecchia della mercanzia che ora è in esposizione sulle coperte dei letti, si ritrova al piano inferiore ,cioè sul pavimento e così rimane inerme fino alla mattina successiva.

Tutte le mattine le operazioni di sistemaggio nelle camere che ci accolgono sono altrettanto laboriose. Sempre si presenta all'inizio la stessa scena della sera precedente. Al disordine totale la mattina si aggiunge anche il sonoro, varie accidenti volano da entrambe le bocche dei due omini indaffarati a ricercare i propri generi, poi accidenti ancora più sostenuti quando si tratta di reinserire la roba nei propri contenitori. Sembra che tutte le volte la roba aumenti in quanto è sempre più difficoltoso sistemarla come la sera prima, gli zaini sono sempre più gonfi, solo il trolley di Franco, essendo rigido, ha sempre la stessa dimensione, però per chiuderlo!.. La cosa si complica quando in serata abbiamo fatto il bucato, allora esistono il più delle volte magliette che non sono asciugate e ovviamente vengono inserite dentro un sacchetto Conad il quale poi viene legato dietro la sella aggiungendo così un nuovo tocco di professionalità alle due bici.
Poi la fase, ancor più laboriosa, della sistemazione delle bici. Lacci e laccini per piazzare il mio zaino sul portapacchi posteriore, opera di cesello per rendere il mio sacco a triangolo di dimensione tale che non freghi alle cosce, lacci e laccini per sistemare stabilmente il trolley di Franco sulle due sbarre di ferro posteriori, tre o quattro tentativi di entrata e uscita di tutto il materiale dallo zaino che deve trovare posto sulla mia schiena in modo che gli attrezzi più morbidi appoggino sulla mia gobba. Il più delle volte i miei sandali invece che nel triangolo, trovano posto sopra lo zaino posteriore sotto un paio di elastici, guadagnandone ancora in professionalità.
Di nuovo in forma dopo le docce, eccoci pronti per la cena, rito molto interessante dopo 146 km e pranzo a base di arance e barrette. Entriamo nella sala ristorante e ci sono solo due tavoli apparecchiati. Uno sembra un tavolo di delizie, dove ovviamente andare a servirci gli antipasti. Cerchiamo il nostro tavolo ma la signora ci dice- è quello il vostro tavolo - Come il tavolo delle delizie tutto per noi ? In effetti, c'erano solo due piatti vuoti e una quindicina di piatti pieni di carciofini, funghetti, asparagi, prosciutto, salami vari ,verdure di ogni tipo, sott'oli, focaccine calde, formaggi, ricotte, pecorini, olive nere, verdi, gialle, peperoni rossi, gialli, verdi, fagiolini, molte altre cose indecifrabili per nome ma interessanti sicuramente per il palato, una brocca di vino rosso e una brocchetta di acqua. Ci sediamo, poco dopo arriva anche la signora che si sedie al tavolo di fronte, poi anche suo marito. Un signore alto con i capelli lunghi, come avevo ben immaginato, il lavoratore fantasioso è lui. -Buon appetito- Un po' imbarazzati per avere di fronte i due proprietari, non sappiamo da dove cominciare- Potete finire anche tutto- ci dice il signore- Dopo questa frase di -Via- non abbiamo più rispetto per tutti i piatti di fronte, nè per i quattro occhi che fra un morso e un altro ci stanno scrutando. Dopo una prima violenta ingozzata e un’annacquata di vinello, un po' di calma, cominciamo come persone civili a intavolare una discussione. Faccciamo i complimenti per il gusto messo nel sistemare l'ambiente, ci mettono al corrente che quattro anni prima avevano preso quella vecchia cascina e lavorandoci sodo, con qualche contributo regionale (anche loro, evviva Soru) erano arrivati a quel punto ma, secondo loro, ancora l'ambiente non era proprio al top. Il signore che prima faceva tutt'altro era riuscito a imparare a fare il muratore, il piastrellista, l'elettricista, l'idraulico, il pastore, il buttero, il giardiniere. Avevano sacrificato molte ore di sonno e l'avrebbero sicuramente rifatto, e poi la vita in mezzo agli animali, alla natura, ai turisti era quanto di meglio potessero desiderare. Gli invidiai molto. -Ma non avrà mica fatto anche lei questo muro in pietre interno e questi travi ?- Aveva fatto tutto lui e mentre loro continuavano a parlare e in particolar modo si dilungavano sulla tecnica di costruzione di quel muro, noi, pur ascoltando con interesse la conversazione, non ci distoglievamo più di tanto dall'attività principale di quel momento: ripulire tutti i 16 piatti.

Posso passare ai primi? -ci disse gentilmente la signora- dopo aver visto che l'ultima scarpetta aveva ripulito anche il sedicesimo patto a tal punto da rendere quasi inutile il lavoro della lavastoviglie. E quindi passammo a dei ravioli alla ricotta fatti ovviamente dalla signora e poi a dei taglierini ai funghi. Infine, agnello fritto con un insieme di verdure fritte. Si giunse ai dolci che eravamo strapieni, ma non disdicemmo quella serie di biscottini e crostate varie con vinello dolce di contorno. Volete un mirto ? alla fine ci disse il buttero- Ci guardammo negli occhi, meglio una grappa ... Vada per la grappa e arrivarono tre boccette di tre tipi di grappe, ovviamente distillate da loro e ovviamente, affinché nessuna se la prendesse a male, le assaggiamo tutte e tre .
Quella notte io viaggiai su isole deserte in compagnia di cani e cavalli , poi all'improvviso mi apparivano tavole imbandite sotto delle palme, il vento alzava le tovaglie di lino e quasi sempre mi impediva di vedere il contenuto di quei piatti, poi improvvisamente spariva tutto e io mi trovavo a pedalare su una bici sgonfia, sentivo uno strano rumore, mi voltavo e vedevo il mio zaino aperto e lungo la strada tutte le mie magliette, mutande, calzini che facevano una linea continua in mezzo alla carreggita, poi con un soffio di vento spariva tutto e ricompariva la striscia bianca. Quando mi alzai per il solito servizio idrico notturno, sentii Franco che mugolava, effetto dell'alcol o della pancia piena? La mattina mi comunicò che invece aveva sognato le due ragazze dell'auto, non si ricordava però quello che era successo. Gli riferii di quello strano mugolio di piacere che avevo sentito e un --porcaccia eva-volò nell'aria -ma perché non mi ricordo niente !
Sesta tappa
Pula -Torre Chia- Costa del sud -Anna Arresi- Giba-Porto Botte- San Giovanni Suergiu-Matzaccara-Paringianu-Portoscuso-Corona Maria Iglesias. km 113.
Voglia di essere già a Firenze.

Alla partenza, dopo la ricca colazione e aver salutato gli umani e gli animali del luogo, sembrava una giornata normale, nessuno di noi avrebbe mai immaginato tutto quello che sarebbe successo e che la gioia della bici si sarebbe trasformata da lì a poco tempo in una voglia matta di essere già a Olbia, avere il traghetto pronto per ritornare sul continente. Il percorso era molto impegnativo anche perché l' idea era di andare a San'Antioco, poi Calasetta, prendere il traghetto che in poco più di 20 minuti porta all'isola di San Pietro, andare a Capo Sandalo e poi rientrare tramite un altro traghetto a Portoscuso. Da voci avevamo saputo che l'isola di S. Antioco non era gran chè mentre molto più bella quella di San Pietro, ma l'idea di attraversare quella striscia di terra di 6 km nello stagno di Santa Caterina ci affascinava e poi era l'unico modo per accedere a San Pietro, i il chilometraggio totale non era impossibile, considerando anche il fatto che buona parte del percorso era in pianura. Dopo una quindicina di km il vento era aumentato di intensità, era veramente fastidioso, poi sulla costa del Sud diventò quasi impossibile pedalare, lì si trovano dei pezzi non lunghi ma con degli strappi impegnativi, fummo obbligati a scendere più volte, in discesa poi era veramente pericoloso procedere, soprattutto quando dopo un tratto controvento trovavamo il vento di lato. Anche in discesa io procedevo a poco più di 10 km orari, il discesista Franco invece andava più spedito e spesso era costretto ad aspettarmi. Il sole sparì completamente e dei nuvoloni apparvero in poco tempo, alcune gocce di acqua ci dettero il primo segnale, arrivare a Iglesias sarebbe stato un calvario. A Giba ci fermammo per fare il punto della situazione. Sull'isola di Antiochio delle nubi talmente scure impedivano di vedere le alture dell'isola, lampi continui squarciavano l'aria, era veramente impensabile arrivare là, nel tratto di collegamento alla penisola il vento sarebbe stato sicuramente ancora più violento e ci avrebbe forse fatto volare sicuramente in mare. Il mare era supermosso e probabilmente non sarebbero partiti nemmeno i traghetti di collegamento a San Pietro. Senza ombra di dubbio decidemmo di dirigersi verso Carbonia o verso Portoscuso. Cominciò a piovere lentamente, era freddo e il vento non dava tregua. A San Giovanni Suergiu prendemmo per Matzaccara, fu una decisione così quasi improvvisata, niente Carbonia ma Portoscuso. Una ventina di km di diritture che già in condizioni normali non sono mai augurabili per il ciclista, figuriamoci poi con la pioggia e il vento. Se trovavamo delle case con tettoie quando la poggia aumentava di intensità ci fermavamo per poi ripartire all' attenuazione del fenomeno. Io già stavo pensando di come fare da Iglesias a rientrare a Olbia, con il treno,il pullman, passando da Cagliari o dall'interno. A Iglesias avremmo dovuto chiedere informazioni per arrivare prima possibile con qualsiasi mezzo a Olbia. Era impensabile andare avanti se il tempo fosse rimasto in quel modo anche nei giorni successivi. E poi il panorama intorno metteva ancora più tristezza, penso che quella zona anche con il sole non sarebbe stata eccezionale, una piana continua con una vegetazione paludosa e la strada sempre diritta e con pendenza zero. Il massimo della depressione arrivò quando fummo nei pressi di Portoscuso. Io credevo fosse una bella località turistica, invece cominciammo a vedere ciminiere e fumi neri che andavano incontro al nero delle nuvole, grossi stabilimenti, zona industriale che ci accompagnò per diversi chilometri. Che tristezza! che fare? Ormai bisognava arrivare a Iglesias, quasi 25 km. Iniziammo una salita con il mare a sinistra, con il vento che non ci faceva in alcun modo procedere e molto spesso accompagnati da scariche violente di di pioggia. Dopo alcuni km fummo obbligati a fermarci, i camion passavano noncuranti e ci riversavano addosso quell'acqua sporca di terra, io non avevo più nemmeno la forza di imprecare, accettavamo in silenzio quegli schizzi impietosi di acqua. Saremmo arrivati a Igliesias ? Per tirarmi un po' su pensavo al momento della doccia e del successivo momento interessante, quello del piatto e forchetta. Avevamo anche fame, mangiammo qualcosa ma mentre eravamo intenti in questa operazione un'altra passata di acqua. Negli ultimi 5 km prima di Iglesias il colpo finale, un violento temporale continuo ci accompagnò fino all'entrata del paese. Il paese delle miniere ci dette così il benvenuto. Ci fermammo per telefonare ad uno dei break di cui avevo i numeri. Avevano una camera libera, il gestore gentilmente ci chiese dove eravamo e sarebbe venuto lui per farci strada. Aspettammo infreddoliti sotto gli archi di un centro commerciale per più 20 minuti. Finalmente la macchina, la seguimmo, arrivammo dentro un bel giardino. Le bici sistemate dentro un rimessaggio, non ci preoccupammo più di tanto se la porta era chiusa a chiave. 










Salimmo delle scalette, due bei cani pechinesi ci accolsero scodinzolando, più avanti una signora grassoccia ci venne incontro sorridendo, preferimmo due camere singole ad una matrimoniale. Appena un -buonasera- i cani non ricevettero alcuna carezza, la prospettiva di una imminente doccia calda era troppo allettante.

Le stanze che ci accolgono sono molto carine e colorate, una doccia e un riposino prima di un caldo pasto rischiariscono le idee, fuori sta piovendo e il vento non accenna a diminuire, dalla finestrina del bagno vedo gli alberi piegarsi, che fare? ci penseremo più tardi. Stasera bisogna fare anche il bucato anche se domattina toccherà portarsi dietro il sacchetto Conad con il materiale da asciugare.







 Non c'è nemmeno da dividere gli appoggi e tutte le gianfrusaglie bagnate si accatastano dove il caso le dirige.

Ci ritroviamo io e Franco più tardi insieme ai proprietari e ai due cani pechinesi a ciabattare sui nostri percorsi, sulla situazione meteo. La signora ci illumina che da loro il vento perdura sempre per un numero di giorni dispari, o uno o tre o cinque o sette di fila, questo è il terzo giorno, se va bene domani dovrebbe andarsene, se va male continuerà per almeno altri due giorni, e allora in tal caso siamo fottuti. Non ci sono problemi per il ritorno a Olbia via motore o rotaia poiché ci sono vari collegamenti da Sassari, Cagliari, con treni o pullman. Se domani è il quarto giorno dei cinque previsti di ventilazione facciamo le valigie e ce ne andiamo senza pedalare. La signora ci considera dei matti, ci dice che nel suo break spesso pernottano dei ciclisti ma un programma impegnativo come il nostro (cicloturismo evoluto! ) non l'aveva mai sentito e poi ..quanti anni avete? Non ci vuol credere -quasi 120- Questa volta i cani non mi sfuggono,uno addirittura mi salta in collo, l'altro geloso, si rotola ai piedi, sono molto simpatici ma con quel pelo lungo, mi si attaccano peli da tutte le parti.
La signora fuma una sigaretta dietro l'altra e io non vedo l'ora di uscire malgrado il tempo, sono quasi le 20 e qualcosa sullo stomaco non farebbe male. La signora ci consiglia la pizzeria di un suo amico che è li vicino, dice si mangia benissimo e poi, riferendo che siamo mandati da lei, si alleggerisce anche il conto. Un ombrello in prestito ci è indispensabile per mettere il capo fuori, ma dopo pochi metri, appena usciti dal giardino, smette di gocciolare.
Troviamo quasi subito la pizzeria e il gestore-pizzaiolo sembra aspettasse proprio noi per fare due chiacchiere, intanto ci consiglia una pizza particolare ai frutti di mare, poi altre schiacciatine con pesci e una frittura mista. Oltre a ciabattare con il pizzaiolo che non ci dà tregua un momento, attacchiamo bottone anche con un olandese che fra l'altro soggiorna dove siamo noi, tutti gli anni lui fa il giro della Sardegna, ma in auto. In effetti tutto è ok, tutte le volte che ci porta un piatto il pizzaiolo si sofferma e ci fa interrompere la conversazione con l'olandese e parliamo di ciclismo,di giro d'Italia, di calcio,di televisione e di politica. Ce l’ha a morte con Soru, mi fermo in tempo perché mi rendo conto che ha delle idee completamente diverse dalle mie ed è meglio non scoprirsi politicamente anzi è bene accontentarlo con parecchi -eh sì- per non far lievitare il conto, che in effetti è poi molto contenuto, anche se c' è un errore nel resto, subito corretto. Dopo aver pagato mi vien quasi voglia di dirgli --il tuo amico a me per la verità mi fa quasi schifo - Il tempo sembra migliorato, il vento placato, le nubi sembrano allontanarsi, forse domani ripedaliamo nell’ asciutto, niente treno nè pulman.
La mattina seguente non mi ricordo molto dei sogni notturni, solo qualcosa di vago, un'immagine della penisola di S.Antioco avvolta da nubi e squarciata da lampi e un'altra delle fumose ciminiere di Portoscuso. Franco avrà fantasticato anche lui nella sua stanzina blu da single.
Settima tappa
Iglesias-Fluminimaggiore-Buggerru-Portixeddu-Pnte Riu Sessini-Bau Gemmari-Piscinas-Costa Verde -Puxeddu-S.Antonio di Santadi-Marceddi-Arborea-Oristano-Cabras-Solanas- km 148.
Via il vento e la pioggia,in arrivo nuovi nemici: un fiume di sangue e .. di nuovo ..la tavola.
La mattina seguente c'è il sole e niente vento. Evviva, dopo una colazione, questa volta non eccelsa ma nutriente, dopo i vari saluti, i vari bigliettini da visita del break da consegnare ad amici, andiamo a trovare le nostre bici. La porta è aperta, sono in tre ancora a dormire, l'altro ciclista forse è ancora a letto. Rivediamo l'olandese che avevamo trovato alla pizzeria, ci auguriamo buon viaggio reciproco, ci aspetta subito una salita sui 550 metri poi la discesa di Fluminimaggore. Appena fatti pochi metri la mia gomma anteriore va a terra, ci fermiamo proprio davanti ad un negozio di bici, acquisto una camera d'aria e mi faccio prestare una pompa per evitare di fare una figura di cacca con la bomboletta o di stare mezz'ora a gonfiare con le minipompe che portiamo dietro.
Facciamo due chiacchiere anche con il gestore del negozio, chiediamo dei prezzi su delle bici in mostra, ci viene riferito che in Sardegna le misure per noi non si trovano, al massimo arrivano alla 53, vista la statura media dei sardi. Finalmente ruota sana, mente sana e corpo sano. Si riparte verso Oristano, l'arrivo previsto è a Sa Giovanni di Sinis, paesino, dicono molto bello, vicino al Capo S. Marco, molti km anche oggi dunque. Subito una bella salita con successiva magnifica e panoramica discesa per Fluminimaggiore, una visita dall' esterno al Tempio di Antas ci costringe a fare una deviazione e un allungamento di percorso, tanto per cambiare. Le deviazioni per poi ripercorrere all'indietro le stesse strade non ci piacciono molto ma in questa zona ci sono dei posi bellissimi da visitare e non ci tiriamo indietro, dunque Buggerru e Capo Pecora.
Ormai la vegetazione non ci fa più effetto, ci riabituiamo immediatamente al bello, al bello dei panorami marittimi, al bello delle montagne, al bello dei colori dei fiori, al buono dei profumi della natura, al bello delle distese orizzontali dei prati verdi o alle distese orizzontali del mare in tutte le sue gradazioni di blu, a tutte le sfumature verticali della vegetazione o delle rocce delle montagne. Siamo circondati dal bello a 180 gradi, dopo una giornata come quella di ieri sembra perfino impossibile ritrovare il gusto della pedalata.






A Buggerru ci fermiamo per molte foto, la spiaggia è bellissima e con il mare mosso assume un fascino ancora più particolare, il vento lungo costa c'è ancora ma adesso è sopportabile, le onde altissime abbracciano tutta l'estensione dell'immensa spiaggia e si ritirano lasciando quella bella schiuma che prima bianca,poi corallina ci conferma, anche se non ce ne sarebbe bisogno, della purezza di questo mare. Al ritorno da Capo Pecora ci sorpassa un ciclista, l'andatura è sostenuta, ci avrebbe fatto comodo per farsi tirare in qel pezzo di piana per rientrare sulla provinciale a P.te Sessini. Il nostro peso dei bagagli non ci permette di reggere le ruote a quella velocità, comunque ci diamo da fare, tirando un po' ciascuno, ci lasciamo dietro quei chilometri già percorsi all'andata.





La strada ricomincia a salire, poi una decisione da prendere, c'è un posto bellissimo, il ricordo del consiglio di un amico che l'anno prima era transitato da queste zone in moto, non ci permette di evitare Piscinas con le sue dune di spiagge bianche, l'unico problema è quello di dover accettare un pezzo di strada sterrata per rientrar sulla Costa Verde. Le strade bianche non ci hanno mai fatto paura, quindi giù su Ingurtusu e poi verso Piscinas. A forza di pronunciare questo nome ci tocca fermarsi per urgenze idriche. Ecco un gruppo di case, quasi impensabile in quella zona selvaggia e una signora di una certa età che molto rilassata sta annaffiando i suoi bei fiori, chiediamo delle notizie su quel pezzo di strada sterrata che dovremo fare. Ci dà delle notizie ben precise, ci dice che bisogna stare attenti perché la deviazione è abbastanza nascosta, che bisogna attraversare un fiumiciattolo ma il totale dello sterrato è molto breve.






Grazie e via.. anche il guado del fiume, che emozione! Purtroppo dopo un km la strada diventa bianca, nè il mio amico centauro nè la signora dei fiori ci avevano avvertito che per arrivare alle dune c'erano 4 km di strada sterrata. Ormai andiamo avanti sperando che il tratto sia breve, invece non finisce mai, sempre in leggera discesa, in alcuni punti il fondo è abbastanza buono, in altri diventa ciottoloso poi sabbioso, si rischia spesso di cadere, io procedo molto piano, si incominciano a vedere i cumuli di sabbia bianca, finalmente si entra nella parte finale, in pianura ma molto sabbiosa, io devo spesso scendere perché la ruota mi affonda, vedo Franco fare l'equilibrista molto più avanti. Arriviamo finalmente sulla spiaggia vera, c'è un rustico baracchino balneare con poche persone, al quale arriviamo tramite una lunga fila di tramezzine di legno.





Ci sono ombrelloni e dei tavolini, mangiamo le nostre barrette, poi un caffè e un gelato. La ragazza del bar non ci guarda molto bene, ci serve quasi a fatica, ma che vogliono questi due a quest'ora? Lo spettacolo è notevole, le dune sotto il sole, qualche sprazzo di vegetazione, il solito favoloso mare, il vento che alza la sabbia che sembra fumo, gli occhi stanno godendo per quel bianco, il grigio della sabbia che sembra sputata da un camino , il cielo celeste e poi ancora il bianco di una serie di nuvolette innocue e le onde del mare, il blu che diventa celeste per poi infrangersi bianco sulla sabbia. Molte foto, si sarebbe passato molto tempo lì su quelle sedie sotto quell'ombrellone malgrado l' occhio irrequieto della ragazza che non vedeva l'ora che ce ne fossimo andati (non sappiamo poi per quale ragione), ma Oristano è ancora molto lontano. Troviamo quasi subito la stradellina che ci deve portare alla Costa Verde, un po' di salita su un fondo bianco e ciottoloso , poi l'ennesima foto per catturare le dune dall'alto.







Poi arriviamo al guado, è un fiumiciattolo ma la cosa strana è l'acqua rossastra. Ci leviamo le scarpe e provvediamo con le bici in spalla, il fondo è anche melmoso, all'uscita i calzini sono diventati color sangue, colpa di qualche miniera della zona. Dico a Franco -fermo là-. Lo lascio per qualche minuto in mezzo all'acqua, una foto in quella situazione ci vuole. Prima di aver sistemato la bici, aver trovato la macchina fotografica e aver messo a fuoco e fatto clic, passano 5 minuti e ben capisco le imprecazioni di un uomo con due bici, le scarpette e calzini in mano, uno zaino penzoloni e una macchina fotografica a tracolla, in mezzo ad una fanghiglia rossa, con il pensiero di dover ancora percorrere più di 70 di km.






Le nostre fermate sono per lo più dettate da esigenze di foto ,marcate liquide di territorio , per Franco anche solide, lui ama molto incunearsi fra macchie di mirto e evacuare fra il profumo di quella vegetazione. Bisogna in tal caso che il compagno di viaggio provveda a fare molte pedalate in più e allontanarsi abbastanza dal luogo operativo, in quanto in quell'aria profumata, qualsiasi alterazione dello stato naturale fa sì che i nuovi profumi prendano il sopravvento su quelli originali (alias di -per non sentire un puzzo di ....). Altre fermate sono relative ai rifornimenti, spacci Conad o simili. In questi casi, entriamo uno alla volta, uno fa il palo alle bici, le cassiere e i clienti ci guardano in maniera un po’ strana, poi ancor più strana quando sentano il rumore dei tacchetti delle scarpe fra i vari scomparti delle merci e ancora più strana quando ci vedono da vicino mentre andiamo a pagare le nostre banane, nespole, susine,uvetta e buste di noci sbucciate. Altre volte ci fermiamo presso i venditori con il loro furgoni fermi per strada, non sono molto felici di vederci in quanto sanno benissimo che non possiamo acquistare cassette di frutta, in ogni caso quella poca che compriamo se la fanno ben pagare e poi quasi sempre intavolano dei discorsi sulle bici, di ciclismo, molti di loro hanno anche gareggiato, uno era stato anche dilettante e addirittura era in procinto di passare nei prof, poi un incidente e dunque cambio di lavoro, fruttarolo; un'altro, boxer ai tempi di Benvenuti, dice che l'aveva anche battuto.



La signora qui aveva detto il giusto, solo un altro km e poi la strada asfaltata. Niente forature, quindi ci gustiamo in pieno il pezzo di strada con il mare in lontananza che ci porta a S Antonio di Santadi. Qui rischiamo di sbagliare strada, ce ne accorgiamo in tempo, eravamo per costeggiare lo Stagno di Marceddi e rientrare nell'interno, imbocchiamo quel quasi ponte che ci porta a Marceddi. Da lì iniziano una serie di strade non molto amate da questi due ciclisti, un reticolo di diritture piatte e transitate che, se da un lato contribuiscono a alzare un po' la media e recuperare un po' di tempo perso, non sono per niente interessanti dal punto di vista paesaggistico. Comunque ci mettiamo a tirare un po' per uno, sempre intorno ai 40 e sfrecciamo da Arborea, costeggiamo lo stagno di San Giusto e poi Oristano. E' già tardi e i km sono quasi 140, San Giovanni di Sinis è ancora molto lontano, decidiamo di darsi da fare per trovare il luogo del pernottamento, magari fuori Oristano. La mattina successiva saremmo andati a Capo S. Marco, non possiamo certamente immaginare quello che sarebbe successo nella nottata. Siamo diretti verso Cabras dove io ho un paio di indirizzi di Agriturismi, quando transitando da Solanas, vediamo un' insegna di un Agri. -Fermiamoci qui- entro, è un bell 'ambiente, ci sono diverse persone nel giardino, una vasca con delle tartarughe acquatiche, un grosso cane nero mi venne incontro, è certamente abituato all' arrivo di estranei. Dopo poco da una stanza, penso sia stata la cucina, mi appare una matrona con un grembiule nero e la maniche rimboccate, in una mano un coltello, nell'altra una cipolla. -Siamo in due, avete posto per stasera?- non intimorito ma perplesso. . Ma certamente- venga qua a vedere cosa sto preparando, e mi fa entrare in cucina, di odori ce ne sono un' infinità, di pesce, di carne, di arrosto, di cipolle, di creme, di aceto, di aglio. Nell'aria un presentimento strano, pesci ancora vivi su un bancone di marmo sembrano pronti da essere operati, più in là un uomo che sbatacchia un polpo su un tavolo di legno, altre donne che stanno sbucciando una montagna di patate- Vede- stiamo preparando - fra un oretta si pensa di mettere a sedere tutte queste persone che sono qua fuori e anche voi. A proposito, vi va bene 45 euro, però c'è un problema, qui non abbiamo posto per pernottare, soltanto cena e colazione, poi per il letto andate da mio fratello che ha una cameretta a disposizione qui vicino. Chiamo Franco, siamo d'accordo per questa sistemazione. -Adesso telefono a mio fratello che viene a farvi strada,fra un'oretta si mangia, ricordatevolo-. Poco dopo è in arrivo un ometto con una pandina. Varie giravolte e siamo a casa sua. Il paese è un reticolato di stradelle tutte uguali che si intersecano, i km sono 148. La stanza è pulita e decorosa però si trova nello stesso appartamento della famiglia che ci ospita. Appena ci apre il garage per farci sistemare le bici capiamo subito che abbiamo a che fare con una famiglia di ciclisti, oltre alle tre bici da corsa un' officina ciclistica ben attrezzata. Ovviamente il discorso vola subito sull'argomento, il signore da giovane aveva gareggiato, suo figlio addirittura era stato campione dei dilettanti in Sardegna, aveva vinto molte gare e aveva vissuto per due stagioni in Toscana presso una famosa squadra dilettantistica. In casa ci sono appesi alle parete molti quadretti con il giovane campione e molte coppe sparse dappertutto. In più, a quell'ora e solo a quell' ora,un bel profumino (la mattina successiva - un puzzo -) di formaggi; ci sono, in effetti, in una stanza attigua alla camera, varie rondelle a stagionare.
Arriviamo all' agri per la cena un po' in ritardo. Sentiamo un po' di confusione e capiamo dove andare per trovare il posto per sedersi. Ci appare uno stanzone con una grande e lunga tavolata, una ventina di persone sono già intente a sforchettare e ad infognarsi, il solito misto di sapori, pesce,carne, sughi,dolci. Sulla tavola c'è un po' di tutto, antipasti, fritture, carni arrosto, pesci lessi, tortelloni, lasagne. Noi non siamo preparati a simile compagnia, aspettavamo il solito tavolo a due, non per voglia di intimità, ma dopo una giornata di fatica, è molto più rilassante avere un posto tranquillo per stare in santa pace, ripercorrere gli avvenimenti del giorno, rivedere i luoghi della giornata e fare i programmi per quella successiva. Accomodatovi quà- ci dice la matrona, potete cominciare, quello che manca ve lo riporto immediatamente-. Siamo vicini al capo tavola, un omino simpatico che comincia subito a raccontare le sue disavventure, non è in vacanza ma al seguito di un suo figlio ricoverato per un problema abbastanza serio, alla sinistra di Franco invece sembra il proprietario e marito della Signora col Coltello. Anche lui si esalta molto nel riferirci che ha creato da una casa diroccata quell'agri, che possiede varie aziende vinicole, una olearia, insomma sembra il vero boss di Solanas; nel frattempo è un continuo invito ad assaggiare i suoi vini. Come primo impatto i nostri stomachi fanno conoscenza con un bel vinello rosato che da una brocca approda spesso nei nostri bicchieri. Vedo che la signora non fa altro che portare piatti pieni, riportare via quelli vuoti e le brocche spariscono trasparenti per poi riapparire quasi immediatamente colorate di rosso e, se quando nei paraggi ne vede una semivuota, provvede a riempire con cura il bicchiere meno colmo per poi riapparire dopo pochi secondi con un'altra brocca piena del medesimo nettare.
Noi non sapevamo che fare, da dove iniziare. Qualche antipasto, poi la signora ci portò della frittura calda, poi dei pesci lessi, poi arrivò con delle penne al sugo, poi con un maialino arrosto, poi con delle patate e dei tortelloni. La fame era tanta e non ci dette per niente fastidio quel miscuglio. C'erano molti stranieri già in bambola da brocche di vino, c'era chi mangiava dei dolci, chi dei pesci, chi ripartiva dagli antipasti, era una macedonia di secondi, primi, dessert senza regola nè ordine e la cosa sembrava piacere a tutti, forse era la regola di quell' agri. Una tavolata unica,una confusione sonora e culinaria. E mentre anche i nostri bicchieri si riempivano e si vuotavano, il capo tavola continuava a parlare sempre più infervorato sulle disfunzioni degli ospedali, poi,anche lui,dicerie varie sul presidente della regione Soru. Il boss era al settimo cielo vedendo che il suo vino faceva già il suo effetto, il che significava che era ben gradito e di gradazione sufficiente allo scopo. I discorsi si mescolavano, quasi sempre acconsentivo a quello che urlavano anche se non capivo una mazza. Poi passammo ai dolci e ai liquori finali, mirto e grappe. La coso andò avanti fino al punto da non poterne più, malgrado le calorie perse in giornata, quelle ritrovate in quella serata sarebbero state sufficienti per reintegrare un percorso di 500 km con 5000 metri di dislivello. Restammo un po' fuori in giardino cercando di evitare i due chiacchieratori che ci braccavano, fumammo anche due sigarette, eravamo in bambola, poi improvvisamente ci accorgemmo di essere quasi ubriachi. Il cammino per il rientro alla camera fu molto traumatico, ridevamo e procedevano barcollando, sì in effetti non eravamo quasi ubriachi ma ubriachi del tutto, se le nostre marescialle ci avessero visto in quello stato poveri noi! E poi non riuscivamo a ritrovare la casa del ciclista formaggiaio, quelle strade parallele si sembravano tutte uguali e poi era mezzanotte. Ci fermammo per prenderci una pausa di riflessione, ripercorremmo la strada all'inverso per vedere se ritrovavamo l'orientamento, poi alla fine vedemmo quell'entrata al garage delle bici, meno male. Salimmo con cautela, avevamo il terrore di ritrovare il proprietario che quando eravamo usciti per la cena ci aveva detto che ci avrebbe aspettato per bere un mirto o una grappina, nò, a quell'ora un altro bicchierino, nò, non era per niente saggio rimettersi a bere.
Zitti zitti entrammo in camera e stravaccammo sui due letti. E in giro c'era sempre un profumo,adesso un po' meno profumo, di formaggi.
Quella notte ebbi incubi , polipi che mi assalivano e mi cercavano di strozzare, ad un certo punto mi sembrava di intuffare dei pesci fritti in un bicchiere di latte, fu una nottata terribile, quando mi svegliavo preferivo rientrare nei miei incubi piuttosto che sentire quel puzzo di formaggio e Franco ronfare.. e la mattina seguente......

Ottava tappa
Solanas-Riola Sardo-Pittinuri-Cuglieri-Sennariolo-Tresnuraghes-Bosa Marina-Monte Mannu-Alghero km 110.
Quei poveri fiori !

La mattina seguente quando mi svegliai capii subito la situazione, testa pesante e nausea totale, quello strano malessere che da molto tempo non avvertivo, quel desiderio di buttare fuori tutto per liberarsi e ritornare immediatamente in forma. In quel modo non potevo assolutamente salire in bici. Franco invece si alzò in forma perfetta. Bisognava tornare all'agri, il luogo dannato della sera precedente, per la colazione. Nello scendere le scale quel puzzo di formaggi mi dette l'ultima mazzata. Ritrovammo quella tavola imbandita, la mattina con marmellate di tutti i tipi. Io chiesi e ottenni un tè , fu la mia colazione. La signora era già in forma e voleva in tutti i modi che assaggiassi le sue confetture. Mi dispiacque molto ma era impossibile che il mio stomaco accettasse qualcosa di solido. Che fare ? Quando rientrammo in camera incontrammo il proprietario che ci disse-volete un pezzo di formaggio ?- Fu quella parola che acutizzò ancora quella fraganza nell'aria, feci appena a tempo ad arrivare in bagno.



Finalmente mi ero liberato, ma non del tutto, comunque si poteva partire, destinazione Alghero. Il signore ci accompagnò in garage per il ritiro delle bici, Franco era interessato ad un bel paio di ruote a alto profilo. L'uomo insistette molto per vendergliele, gliele avrebbe spedite. L'affare non fu concluso. Buon viaggio. Io mi misi dietro a Franco e stetti così riparato per molti km per non espormi al vento, ancora non ero io.

A Santa Caterina di Pittinuri un'improvvisa fermata, finalmente l'ultima liberazione, le ultime frattaglie di pesci fritti e lessi si spostarono dallo stomaco ad un bel pezzo di prato verde, una famigliola di fiorellini gialli fu ricoperta da quella fanghiglia. Ricominciammo a pedalare regolarmente, ringraziai Franco per l'aiuto datomi e iniziammo la bella e panoramica salita verso Cuglieri. Ai 480 metri del paesino ci fermammo ad un negozietto, io avevo ovviamente fame non avendo fatto colazione.





Attraverso Sennariolo e Tresnuraghes arrivammo a Bosa Marina, non risalimmo a Bosa ma continuammo verso Alghero lungo la litoranea. Fu una strada bellissima senza alcun paese, all'inizio il mare è lontano poi lo costeggia in maniera superba. Il problema era il susseguirsi continuo di salite e discese, salite corte ma abbastanza impegnative. Transitammo sotto il monte Mannu , mi sembrava di aver letto che in queste zone ci sono dei luoghi con belle dune bianche. Non trovammo nessuno per chiedere informazioni ma anche se avessimo trovato qualche presenza umana Franco mi avrebbe senz'altro distolto da un'esperienza simile a quella di Piscinas. Eravamo già stanchi e purtroppo le salite continuavano, il panorama era spettacolare ma quando siamo in crisi si apprezza poco anche la natura che ci circonda. A 20 km da Alghero già si vedeva la turistica località in lontananza quando cominciò un rincorrersi con un gruppo di ciclisti, alcuni non erano italiani, c'era una donna e pedalavano molto bene, le loro bici non erano appesantite da bagagli. A volte passavamo avanti noi in quanto loro si erano fermati a fare foto, poi eravamo noi a fermarsi per la stessa ragione e loro nel superarci ci urlavano qualcosa. Ritrovammo un po' di forze e di grinta per questa simpatica competizione. Le salite, sebbene di lunghezza inferiore, continuavano ancora. Negli ultimi km forzammo un po' di più e entrammo in Alghero per primi! Il bel paesino turistico era molto affollato, ci eravamo dimenticati che era sabato e i finesettimanaioli avevano invaso la bella località turistica. Avevo vari numeri telefonici ma le risposte furono tutte -complete!-
Cominciammo a girovagare abbastanza incazzati, ad un certo punto persi anche gli occhiali. Ritornando indietro gli trovai in mille pezzi in mezzo ad una strada, probabilmente gli avevo appoggiati sullo zaino e mi erano caduti. Sempre più incazzati eravamo tentati di uscire dal paese, fare altri km, forse in periferia avremmo trovato qualche letto libero, però il fisico e le gambe si ribellarono a quell'idea. Poi improvvisamente a Franco venne l'idea del campeggio, ci sarà in questo luogo un campeggio? Come per incanto, un miraggio, senza alcuna informazione trovammo l'entrata lì davanti a noi. Senza alcun problema ci fu assegnato un bungalow ricavato da una roulotte non molto distante dal mare. In fretta e furia buttammo le bici dentro, da ciclisti a bagnanti in pochi secondi e giù sulla spiaggia. C'era abbastanza movimento di stranieri ma soprattutto di belle ragazze.



Io volli provare anche a buttarmi in acqua ma a bagno restai solo per pochi secondi, l'acqua era freddissima. Un'oretta a bivacco con le gambe al sole ci rinfrancò molto, quella sera il contachilometri non era andato oltre i 115 km ma tutte quelle salite nel finale ci avevano distrutto e poi la fatica dei giorni precedenti cominciava a pesare.Mancavano ancora tre tappe e ci sembravano tante, avevamo un po' di nostalgia di Firenze e delle nostre famiglie. Quando questi pensieri cominciano a entrare nella mente significa che il fisico ha già dato abbastanza. Potevano eliminare la tappa del Monte Limbara e con due tappe impegnative di 170 km ciascuna chiudere il giro; una da Alghero fino a Castelsardo e l'altra da Castelsardo a Olbia, ovviamente transitando dalla Costa Smeralda che era meta imperdibile.
-Stasera facciamo una cena romantica nella hall del bungalow- questa fu la decisione della coppia. Andammo al minimarket e facemmo un pieno fra salumi formaggi e una bella bottiglia di vino. Prima fummo costretti a fare il bucato ma lì fu molto comodo con tutto quello spazio e tutti quei fili attaccati agli alberi per la stesa.
In realtà apparecchiammo su un tavoletto all'esterno, l'aria era fresca, i salumi ok, il vinello non male, soltanto ogni tanto arrivava uno strano profumo indesiderato riconducibile a fogne o a latrine in funzione. Rinfrancati trovammo la voglia di andare a giro per il paese. Quella notte in quella roulette-bungalow addirittura in due camere separate non ci furono problemi, solo che per il bisogno idrico fu necessario uscire fuori e poi ogni tanto anche dall'interno arrivava qualche alone di quel profumo di cesso.
Quella notte sognai che eravamo già a Livorno e stavamo rientrando in Firenze, brutto segno !
Franco la mattina successiva mi disse che aveva sognato che improvvisamente si era accorto di non aver più il suo trolley sulla bici ed era stato tutta la notte in affanno per la ricerca, brutto segno !
Nona tappa
Alghero-Capo Caccia-San Marco-Campanedda-Rosario-Scala Erre-Stintino-Capo Falcone-Porto Torres- Castelsardo km 170.
Ladri alla Conad..ma a fin di bene.
Ancora non avevamo deciso se rinunciare alla tappa di Tempio Pausania e Limbara che avevano già stabilito che andare a Capo Caccia e a Stintino era indispensabile, quindi molti km in più e nei due sensi. Mi ricordavo di un gran panorama da Capo Caccia e della bellezza della grotta di Nettuno essendoci stato in visita molti anni prima con la famiglia. Quindi partenza di buon ora. Ricca colazione in una pasticceria di Alghero e poi subito quei 20 km quasi tutti lungo costa fino all'estremità del promontorio.
La giornata e’ bellissima e in effetti il panorama da Capo Caccia è da mozzafiato, troviamo una coppia di turisti, ci facciamo fare una foto, una delle poche in cui si vedono i due temerari insieme.
Poi purtroppo ci tocca rientrare in un entroterra piatto anche se abbastanza bello e sorbirci una trentina di km di pianure e rettilinei. A Rosario che fare ? Stintino o non Stintino? Andare fino a Capo Falcone in quel di Stintino nella famosa spiaggia della Pelosa fra anda e rianda significava mettere in conto 50 km. Avevamo in mattinata deciso per il sì e sì sia, anche se il vento è ricomparso ma molto sopportabile, è abbastanza agevole e divertente arrivare fino alla Pelosa. Per la verità Franco vorrebbe fermarsi a Stintino perchè anche lui era stato in vacanza con il camper anni prima. Io mi ricordavo però di quella torretta in mezzo al blu della Pelosa e feci violenza per continuare per altri 5 km. In effetti lassù lo spettacolo è eccezionale, la giornata splendida esalta quel mare dai colori strepitosi, dal mare quasi bianco al celeste chiaro, all'azzurro, quel km di mare con quell'insieme di macchie con quelle varie sfumature non ha niente da invidiare a luoghi esotici molto più lontani. 



Ci soffermiamo per molto tempo su un terrazzino di un ristorante ancora chiuso, restiamo in silenzio quasi religioso, in lontananza alcune barche a vela, molti surfisti, la spiaggia è già affollata, i bagnanti stanno godendo, il vento c'è, il sole non manca , il mare è immenso !











Sarebbe stato favoloso restar ancora un ora, due, tre fermi di fronte a quello spettacolo ma Castelsardo è ancora molto lontano. Ci tocca ripartire, ripercorriamo la stessa strada, questa volta molto a malincuore, all'andata c'era lo stimolo del mare di Stintino, adesso l'abbiamo ormai lasciato alle notre spalle e ci tocca pedalare verso Porto Torres, cosa molto differente. Dopo una decina di km il guaio, Franco mi urla -Fermati, fermati !- Mi volto e vedo il suo trolley completamente penzoloni, ci guardiamo negli occhi, poi quattro occhi si dirigono sul punto del misfatto, l'attacco per le aste che sorreggono l'oggetto è spezzato, l'oggetto artigianale che per quasi due viaggi ha fatto il suo dovere, dopo due anni si è ribellato a tutto quel ballonzolio, anche lui ha sentito il peso dell'età. Ahime' ! che si fa', è anche domenica, i meccanici se esistono e potrebbero risolvere il problema, oggi sono senz'altro chiusi, la prima idea è quella di arrivare a Porto Torres in qualche modo, poi il traghetto per Genova o Imperia e poi il treno per Firenze. Franco si dispera, volano accidenti, non si dà per vinto, facciamo qualche metro, troviamo un reticolato di ferro mezzo arrugginito. Franco tira fuori i suoi attrezzi, fra le tante cose una bella tronchesina. Un po' a fatica tagliamo un pezzo di filo di ferro stando bene attenti che nessuno ci veda, d'altronde in fondo è un emergenza, in qualche modo avvolge il filo di ferro intorno alle aste e al pezzo rotto,
Bene o male il trolley sembra che regga, si prova a partire, ma viaggiando la bestia si muove di quà e di là, l'equilibrio è molto instabile, si procede ad andatura ridotta, questa volta tocca a me andare davanti. Tutte le volte che qualche auto o camion ci sorpassa ci suonano per avvertirci di quello che sappiamo già. D'altronde bisogna arrivare a Porto Torres, poi vedremo. I nostri sguardi non sono più diretti verso la campagna per apprezzare i colori dei fiori o il verde dell'erba ma ricercano appassionatamente qualche filo di ferro. Varie volte ci fermiamo e sostituiamo il filo con altri tipi più consoni, alla fine non possiamo fare a meno di togliere da un giardino un pezzo di filo verde molto interessante perché molto malleabile. Con quello avvolgiamo un po' meglio l'oggetto infortunato e in effetti la stabilità migliora alquanto , ma Franco non è del tutto soddisfatto. Ad un certo punto - Ci sarà una Conad, una Coop o quant'altro a Porto Torres ?- Ci sarà' certamente- rispondo io- ma di domenica e poi di Maggio e a quest 'ora sarà senz'altro chiusa- Molto meglio- risponde. Non capisco che significhi quella risposta. Entriamo in Porto Torres e chiediamo di una Conad. Ci dicono che è chiusa. Ovviamente - ma noi vogliamo sapere dove si trova - ed io invento la balla che ci dobbiamo ritrovare lì con altri amici ciclisti. Quando arriviamo vedo Franco che sorride di fronte a quelle pile di cassette vuote, una di fronte all’altra all'entrata dello spaccio. Sempre non capisco, poi vedo che, come un cane intento a cercare il luogo per alzare la zampa per marcare il territorio, Franco sta girando intorno a quelle pile di casse vuote e sta sorridendo soddisfatto. Finalmente ha trovato quello che voleva e anch' io ho capito la ragione di quella soddisfazione. Lui cercava quelle grosse fasce con cui si legano le casse vuote, quelle con l' estremità di ferro che servono per stringerle bene. Adesso le abbiamo lì a portata di mano, è necessario anzi indispensabile fare i ladri. Però di fronte ci sono dei ragazzotti, bisogna aspettare. Nel frattempo mangiamo qualcosa e ci riposiamo. Appena si libera il campo se ne slegano quattro e poi fuggiamo, andiamo a sistemare il trolley da un altra parte. Legato con quelle sembra tutt'altra cosa, il viaggio può procedere, il trolley resta però un po' piegato sulla sinistra e quel dondolio ci accompagnerà fino a Firenze.
Abbastanza risollevati ma sempre con un po' di preoccupazione attraversiamo Marina di Sorso e poi via fino a Castelsardo, siamo veramente cotti, i km sono 171, ci fermiamo al primo hotel che troviamo appena entrati nella bella località , c' è disponibilità.





Fissiamo anche la cena. Intanto una bella doccia ristoratrice. Ma i guai non sono ancora finiti. La doccia è difettosa ed io rimango chiuso dentro, bisogna scavicchiare molto, io dal di dentro e Franco di fuori prima di aprirne un pezzetto; io riesco, restringendomi come un anguilla, finalmente a uscire. Che giornata ! In attesa della cena andiamo un po' a giro . Bella località anche CastelSardo, molti negozi di souvenir e i famosi tappeti. Abbiamo quasi deciso di comprare qualche cosa per le nostre donne, gironzoliamo in vari bazar ma malgrado siano pieni di qualsiasi genere di cianfrusaglie non troviamo niente per il quale ci avrebbero ringraziato sentitamente. Decidiamo anche di fare un tour de force anche il giorno dopo ed arrivare ad Olbia, recuperando un giorno e evitando la temuta tappa del Monte Limbara. Quindi l'ultima cena e dobbiamo trattarci bene, tutto pesce. In effetti ci viene apparecchiato su una bella terrazzina con vista tramonto sul mare. Ci sentiamo un po' in difficoltà, c' è solo un altro tavolo con una coppietta vera che in attesa si sbaciucchiano in continuazione. Anche noi, come loro, facciamo delle foto allo spettacolare tramonto, sono tentato di interpellare i due per farci fare una foto insieme, l 'ultima foto dei due eroi in terra sarda, ma non mi sembra il caso, sia per non disturbare l'intimità della coppietta sia per non far sorgere dubbi sulle tendenze sessuali dei due bikers.





Quella sera andammo a letto molto presto, la mattina ci avrebbe aspettato una bella cannata nel conto della cena e altri 180 km di bici.
Quella notte mi sembrò di trovarmi in prigione, poi fili spinati, lager, campi di concentramento, sardi che ci rincorrevano dandoci di ladri, anche per Franco penso non fu una nottata tranquilla.
Decima tappa
Castelsardo-Badesi-Costa Paradiso-Santa Teresa di Gallura-Capo Testa -Palau-Arzachena -Olbia km 144
Snobbata la Costa Smeralda.

La mattina ricevemmo colazione sulla terrazzina, eravamo soli, -beati loro- disse Franco, poi dopo aver pagato il conto molto salato, 1200 gr. di pesce per 2 saraghi molto buoni ma alquanto mignon, partimmo per l'ultima tappa. La giornata si preannunciava bellissima ma si era rialzato un po' di venticello.






Il pezzo di strada che porta dal Castelsard a Santa Teresa ci procura molta sofferenza, i saliscendi si sprecano, i troppi km del giorno prima e tutti quelli precedenti, il vento e la preoccupazione per il trolley ballerino non ci fanno stare tranquilli. Ci sarebbero molti posti interessanti, la Baia delle Mimose, Badesi, Isola Rossa, la Costa Paradiso, Cala Sarraina, Rena Maiore, ma quando arrivano i bivi con l' indicazione di quelle belle località a nessuno di noi viene in mente di dirottare. Proseguivamo senza dire niente, ormai eravamo saturi di bici, di mare,di profumi, di colori, il nostro unico desiderio era Olbia e il rientro. Dovevamo fermarsi a Badesi per fare un po' di rifornimento, non avevamo più niente da mangiare, ma era presto e stabilimmo di fermarsi al paese successivo. Probabilmente avessimo guardato la cartina con più attenzione non avremmo rimandato tale attività.






Il prossimo paese era Santa Teresa e c'erano ancora più di 50 km e impegnativi. Anzi sarebbero stati molto duri, per le salite continue, il vento e soprattutto la fame e che fame! Fu veramente un calvario arrivare a Santa Teresa, fino a quando finalmente vedemmo un indicazione di una Conad all'entrata del paese; quella bella insegna gialla ci fece stare subito subito meglio, purtroppo controllammo l'ora,mancavano 5 minuti all'una. Malgrado la stanchezza mettemmo il turbo e facemmo un chilometro di volata. Purtroppo la cassiera ci chiuse le vetrate dello spaccio in faccia, erano già le 13 e 10 secondi. Ripartimmo sfiniti dopo quella volata inutile verso il centro del paese. Per incanto ad un bivio trovammo un camion con due ragazzotti che vendevano frutta. Dunque banane, nespole, pesche a gogò .







Facemmo compagnia e donammo le bucce della nostra frutta a dei cavalli che si trovavano in un campo recintato. Li Invidiammo, loro che potevano mangiare anche le bucce! Poi in centro, un gelatino, un caffeino e un po' di tempo per trovare una fontana. L' indicazione di Capo Testa, dopo il recupero mentale e fisico, mi mise la pulce. Andiamo anche a Capo Testa, e va bene, Franco acconsentì. Così facemmo fra anda e rianda altri 10 km. La vista di tutti quegli animali di scoglio ci ricaricò un pochino, al ritorno Franco si imboscò, volle concimare anche a Capo Testa. Dopo pochi km dalla partenza capimmo subito che il recupero era stata soltanto passeggero, il vento soffiava ancora più forte, i km erano tanti ancora da percorrere, io ero in crisi, Franco anche, e per di più alquanto nervoso; la fatica e quella fame sofferta ci avevano ormai debilitati. La Costa Smeralda ci attendeva, io avevo controllato bene la cartina la sera prima e percorrere tutta la costa da Palau, il Golfo di Arzachena, Baia Sardinia, Porto Cervo, Porto rotondo, Golfo Aranci, era molto impegnativo,oggi non ce l'avremo fatta mai ad arrivare a 180 km. Fino al bivio di Palau non dicemmo niente, procedevamo in silenzio con molta sofferenza, il trolley reggeva malgrado il continuo tentennamento, il vento a folate, il sole se ne era andato, il mare in lontananza mosso, quella sera mi ricordai della triste giornata di Iglesias e mi entrò addosso molta tristezza. Ci fermammo al bivio di Palau, che fare? Eravamo già a quasi 100 km, la Costa e ancora ottanta km o prendere per Olbia dall' interno e levarsi il pensiero con una quarantina ? La partenza del traghetto era per le 23 e non c'era problema di tempo, anche se dovevamo fare i biglietti. Franco, seduto su un muretto, fu categorico- O ci fermiamo a Palau e domani ripartiamo facendo la costa o al diavolo la Costa Smeralda -. Fui sollevato anch' io da quella risposta. In tutti e due i modi che avessimo deciso però non ero per niente convinto della scelta presa. Ormai avevamo fatto l' idea di chiudere in quel giorno l’esperienza sarda , però mi dispiaceva alquanto non percorrere forse la più bella zona della costiera, con tutti quei luoghi meravigliosi, anche se in fondo erano tutti luoghi molto turistici e conosciuti per vacanze passate in tempi lontani. E va bene, decidemmo, ma molto a malincuore, di pedalare direttamente su Olbia tramite la provinciale interna.
Dopo poco ci accorgemmo subito dell'errore che avevamo fatto, la strada era transitatissima soprattutto da camion che ci superavamo a gran velocità ovviamente clacsandoci sempre per il famoso trolley ballerino. Ormai non ci facevamo più nemmeno caso, procedevamo piano e molto incazzati, fu mandato a quel paese solo un camionista che insistette con una decina di suonate. Ad Arzachena potevamo ancora decidere di rientrare sulla Costa Smeralda e fare la famosa Baia Sardinia, Liscia di Vacca, Porto Cervo ma ormai le nostre bici erano telecomandate direttamente su Olbia. Addio Costa Smeralda. Il caos di camion e traffico intenso degli ultimi due km prima di arrivare all' imbarco fu l'ultima sofferenza della giornata. Al porto ci fu da aspettare molto tempo e restammo lì, dopo aver fatto i biglietti,un po' rincoglioniti. Quando Franco aprì bocca e disse- Tanto quella zona è zona riservata ai Vip, è meglio non esserci passati- Già i Vip, le Very Inutil Person, come le identificavamo noi nelle nostre discussioni. Il rimpianto scomparve lentamente, in fondo aveva ragione Franco, noi avevamo visto luoghi più selvaggi e incontaminati dal turismo sfrenato ed erano quelle le immagini che dovevano restare nelle nostre menti, e poi con quella giornata, con quel vento e le nubi non avremmo per niente apprezzato la costa e il mare delle Very Inutil Persons. Un autoscatto per immortalare quelle facce ormai sfinite dai 150 km del giorno, dai quasi 1500 totali e dall' aver sopportato i 15 kg. delle nostre fidanzate.







Questa volta non avevamo prenotato nemmeno le poltrone e cercammo un posticino tranquillo con delle panchine ben imbottite in cui ci si poteva sdraiare comodamente. Ci rendemmo conto che era l'angolo baby, c'erano dei giochi dei personaggi di cartoni animati, dei palloncini, eravamo dentro Dysneyland . Dopo aver tirato fuori le nostre agendine e aver sistemato la parte contabile andammo molto presto al self service. Poi ritornammo alla nostra alcova, accanto si erano piazzati purtroppo quattro personaggi rumeni che facevano altro che chiacchierare a voce altissima, comunque in qualche modo riuscimmo ad arrivare alla mattina.







 Nell 'ultimo sogno mi sembrò di essere ritornato bambino, stavo giocando con dei palloncini, e stavo pedalando su un triciclo su una strada sterrata. Anche un altro bambino accanto a me muoveva i pedali , però si sentiva uno strano rumore, dietro al suo piccolo sellino c'era qualcosa di rotto che dondolava !








Undicesima tappa
Livorno-Firenze km 105
Addio al cicloturismo evoluto ?
La mattina mi svegliai con un bel mal di gola. Ritrovammo l'addetto allo scarico che ci aveva meleggiato all'arrivo, questa volta fummo noi a salutarlo ma lui non disse niente, forse era più stanco di noi dopo una settimana di Olbia-Livorno-Olbia.
Come sempre, problemi per uscire dal porto di Livorno e per ritrovare la strada per Firenze. Ancora 105 km.V olevamo ripercorrere quella dell'andata ma improvvisamente ci trovammo sul temuto Arnaccio, quella strada infernale, quei 10 km diritti in cui le macchine vanno a tutta velocità e in cui ogni cento metri ci sono dei mazzi di fiori ai lati. Attraverso Pontedera e finalmente a Montelupo con un mal di gola che mi era quasi impossibile parlare.










Ci fermammo nella solita piazzetta di Montelupo, un gelato ed una foto era indispensabile. Ci mettemmo al tavolino del bar, una foto con l'autoscatto, forse sarebbe stata l'ultima dalla piazza di Montelupo. Ora che le due isole erano state percorse non era più necessario andare a Livorno per il traghetto, e poi l'avremmo fatto nel 2008 un altro tour come questo? Ma l'avremmo mai fatto più? Già nei giorni precedenti avevamo espresso le nostre idee circa un'eventuale possibilità di altri giri, ma ci avevamo fatto capire che questa sarebbe stata l'ultima esperienza con i bagagli sulle bici. La vecchiaia cominciava a farsi sentire, sì, gite in bici ci sarebbero sicuramente state ma eventualmente con una macchina al seguito. Forse addio per sempre al nostro cicloturismo EVOLUTO !
Le nostre strade si divisero. Franco per Firenze da Signa, io per San Casciano Val di Pesa da Cerbaia, ancora una ventina di chilometri in solitudine prima del rientro alle nostre dimore.
Furono 20 km di pensieri, di ricordi, di immagini. Era trascorsa solo una settimana ma sembrava un secolo. Gli avvenimenti erano stati tanti. Colori, profumi, vento, pioggia, imprevisti, tutto si accavallava nella mia mente ed era piacevole fare le ultime pedalate in compagnia di questi ricordi. Mi sorpassarono alcuni ciclisti ma non mi accodai, preferii avere come compagne di viaggio solo quelle mille emozioni. Anche un po’ di rimpianto per non essere stati a San Antioco, San Giovanni di Sinis e poi la rinuncia al Limbara e la Costa Smeralda evitata,veramente non per motivi di stato sociale o politici, ma per saturazione da chilometri.
Quando il giorno dopo ci risentimmo per telefono, Franco mi disse che stranamente non aveva trovato nessun ciclista nel tratto Montelupo-Firenze, ma anche lui non aveva assolutamente pedalato da solo.

1 commento:

Anonimo ha detto...

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paxil